“And I remember,
And I recall
And I can see that nothing's changed at all
Though we falter, we don't have to fall
And I can see that nothing's changed at all”
Si svegliò di soprassalto nel cuore della
notte.
Aveva fatto un sogno stranissimo: si trovava in un vicolo deserto di una
grande città orientale. Era Hong Kong. Telefonava a Kendall che le diceva
di raggiungere il solito rifugio. Lì arrivava Vaughn e le diceva cose
talmente bizzarre e spaventose: tutti l’avevano creduta morta per ben due
anni…e lui si era risposato. Sua moglie era ora il suo nuovo capo…un
incubo!! Ma a pensarci bene aveva un qualcosa di immensamente divertente.
Come tutti i sogni che ci sembrano impossibili. Per fortuna era
impossibile. Si guardò intorno: la sua casa, la sua stanza, il suo letto.
Si girò alla sua destra. Vaughn dormiva al suo fianco…quasi come ogni
notte oramai. Si strinse a lui, e lui, nel sonno, restituì l’abbraccio. Si
riaddormentò così: stretta tra le braccia dell’uomo che avrebbe amato per
sempre. “Ti amo”, gli sussurrò dolcemente. Non ne era sicura, ma le parve
di sentire lui dire “Ti amo anche io, Syd”.
La mattina riaprì gli occhi in un altro letto.
Era sola, in una casa che non era la sua. In un letto vuoto. L’incubo era
la realtà. La felicità apparteneva soltanto al mondo dei sogni, dei
ricordi. E i ricordi appartenevano al passato. Michael apparteneva al
passato. Eppure ci aveva creduto…entrambi ci avevano creduto. Ma
l’illusione di una vita perfetta, insieme, si era frantumata contro il
muro della realtà. E la realtà era che le cose non sarebbero mai più
tornate come prima. La realtà era che qualcuno aveva giocato con la sua
vita. Un’altra volta. In fin dei conti, anche se tutto era cambiato, nulla
era diverso.
***
La Mercedes nera si faceva largo nel traffico di una New York illuminata
da mille luci colorate. Direzione Park Avenue.
Era agitata, incredibilmente nervosa... e arrabbiata. Come aveva potuto?!
Non aveva già fatto abbastanza? Quella scena le si era impressa
indelebilmente nella mente... Lui che si avvicinava al volto di quella
donna, di sua moglie e che le appoggiava un bacio sulle labbra. Ricordava
i suoi baci, ricordava la dolcezza di quel tocco...Ma ora aveva la chiara
consapevolezza che la sensazione di essere amata sarebbe rimasta solo un
ricordo...che la feriva. Era così che si sentiva: ferita. Era
incredibilmente difficile accettare di averlo perso. Avrebbe voluto
dimenticarlo, o più semplicemente odiarlo...e invece non poteva fare a
meno di amarlo e di vederlo felice con un’altra. Ma forse quel bacio
davanti a lei era stato di troppo. Non avrebbe dovuto ferirla in quella
maniera. Si accorse che la delusione la stava confondendo troppo e che
invece aveva bisogno di concentrarsi. Tra pochi istanti si sarebbe trovata
di nuovo di fronte all’uomo che le aveva distrutto la vita quasi quattro
anni prima. Avrebbe dovuto mettere da parte l’odio e la diffidenza che
nutriva nei confronti di quell’uomo... Dimenticare l’orgoglio e chiedere
aiuto ad Arvin Sloane.
- Ripetimi perché lo stiamo facendo. Dammi una sola buona ragione per cui
debba chiedere ad Arvin Sloane di aiutarmi. –
- Perché è l’unico che può farlo. –
- Vaughn, dimmi che non ci credi veramente. –
- In cosa? Nel suo cambiamento? Potrebbe essere...-
- Già... Sembra che molte cose siano cambiate. –
Era inutile tentare di far finta di niente. Era decisamente risentita, e
non sarebbe riuscita ad apparire tranquilla per quanto si sforzasse di
esserlo.
- Non è questo il posto per discuterne. –
- D’accordo. –
- D’accordo?! ... Avanti Syd, cosa ti prende?-
- Mi hai appena detto che non è questo il posto per discuterne. –
- Mi dispiace. Va bene!?-
- E di cosa? Non devi essere dispiaciuto, dopotutto è la tua vita. –
Non era davvero il caso di continuare. Se fosse andata avanti avrebbe
finito con il rinfacciargli per l’ennesima volta di non averla cercata
abbastanza, di aver rinunciato troppo in fretta a lei...
- Siamo arrivati. Andiamo a parlare con Sloane.-
La macchina si fermò. L’autista scese e aprì la portiera. Fece un ampio
respiro e uscì. Vaughn era al suo fianco. La guardò.
- Pronta? –
- Andiamo.-
Appena entrarono, una cameriera si avvicinò a Sydney e si fece lasciare il
soprabito. Michael la guardava da lontano e si rendeva conto di quanto
fosse bella. I capelli raccolti in morbidi ricci, l’abito rosso intenso
che le si appoggiava morbidamente addosso. Le si avvicinò e le porse il
braccio per salire la scalinata che conduceva al salone della festa.
Non appena furono in cima sentirono le note del pianoforte...Era una di
quelle canzoni che ti riportano alla mente ricordi a fatica sepolti nella
memoria, emozioni di un tempo lontano...
“It’s not the pale moon that excites me
That thrills and delights me, oh no
It’s just the nearness of you”
Pensava che non aveva mai ballato con lei e che avrebbe voluto farlo ora.
Ballare con lei, stringerla a sé senza staccare un momento i suoi occhi da
quelli di lei. Volteggiare senza pensieri, solo loro due, nel nulla, senza
dire più una parola....
“It isn’t your sweet conversation
That brings this sensation, oh no
It’s just the nearness of you”
Avrebbe voluto dimenticare tutto quanto era successo. Vederla sorridere
ancora una volta. Ritrovare nei suoi occhi lo sguardo fiducioso di una
volta. Quello sguardo che ora era oscurato dalla rabbia, dalla delusione.
Non avrebbe mai voluto ferirla, ma era successo. Si sentiva responsabile,
colpevole per il dolore di Sydney, per il fatto che non poteva fare niente
per riportare indietro il tempo, riaggiustare tutto. Non erano più quello
che erano due anni prima. Ricominciare sarebbe stato difficile:
ricostruire la fiducia, la complicità, la magia ... solo loro potevano
farcela...
“When you’re in my arms and I feel you so close to me
All my wildest dreams come true”
- Vado a prendere qualcosa da bere. Tu intanto cercalo. –
La guardò allontanarsi. Muoversi elegantemente tra gli invitati. Osservò
tutta quella gente che si divertiva, o fingeva di divertirsi. Vide Sloane,
era dall’altra parte della sala. Stava parlando con un paio di ospiti. Si
girò ancora e la vide avvicinarsi lentamente con due calici i mano.
Avanzava leggermente, quasi seguendo la musica. Non riusciva a staccare
gli occhi da lei.
“I need no soft lights to enchant me
If you’ll only grant me the right
To hold you ever so tight
And to feel in the night the nearness of you”
E solo per un attimo ritrovò nei suoi occhi un sorriso luminoso.
**** 12 ore prima
*****************************************************************
- Signori abbiamo un problema. Tutti in sala riunioni tra dieci minuti.
Agente Reed, nel mio ufficio.-
Lauren lasciò la sua scrivania e seguì Dixon nel suo studio.
- Cosa è successo?-
- Ha mai sentito parlare di un’organizzazione che si fa chiamare Covenant?-
- Certamente. Dopo il crollo dell’Alleanza, i piccoli cartelli si sono
radunati per creare una nuova organizzazione. Nel Covenant c’è un po’ di
tutto: ex KGB, mercenari, killer, terroristi. Non sono un’organizzazione
molto estesa...Ma sicuramente sono attivi e pericolosi. Che problema
abbiamo con loro?-
- Hanno preso una nostra squadra fuori Parigi due giorni fa. Vogliono un
riscatto. –
- Quanto? –
- Non quanto...chi -
- Vogliono che rilasciamo dei prigionieri? –
- Gliene basta uno. Vogliono Sark. –
- Sark?! Non possiamo rilasciarlo! –
- Non posso nemmeno condannare a morte sei dei miei! –
- Quanto tempo abbiamo per pensarci? –
- Ci lasciano 72 ore. –
- Parlerò con Washington...Ci deve essere una soluzione. –
- Washington non acconsentirà allo scambio. Non interessa a nessuno
perdere sei pedoni. Ma a me interessa, quindi prima di parlare con Lindsey
cerchiamo una soluzione alternativa. –
- Va bene. Attiviamo le fonti. –
- Sono d’accordo. –
- E questa sarebbe la vostra fonte?! –
- Sydney, so che sei convinta che Sloane sia implicato nella tua
scomparsa....-
- Sì ne sono fermamente convinta. Non ho creduto ad una sola parola di
quello che mi ha detto in Svizzera e sinceramente nel vedere il suo
filantropismo, più che provare ammirazione, mi sento il voltastomaco!-
- Comunque sia, sai benissimo che non possiamo rinunciare a Sark senza
tentare ogni via. –
- Dixon, sei davvero convinto che Sloane ci aiuterà? Lui ci userà, come ha
sempre fatto! –
- Agente Reed per favore, spieghi all’agente Bristow quello che ha in
mente. –
- Questa sera il signor Sloane terrà una festa a New York. Una raccolta
fondi per aprire un ospedale in Guatemala. Andremo alla festa e gli
chiederemo di collaborare. Potrebbe aver conosciuto alcuni dei membri che
guidano il Covenant. Qualsiasi informazione ci sarà utile. Non possiamo
rinunciare a Sark, e non possiamo nemmeno lasciare quella squadra in mano
a dei terroristi. –
- Va bene. Chiederemo aiuto a Sloane, ma ad una condizione: andrò io al
ricevimento, parlerò io con lui. –
- Vuoi andare da sola da Arvin Sloane? –
- Lauren, per due anni ho lavorato con Arvin Sloane, l’ho guardato negli
occhi, sono stata a casa sua, sapendo che era lui il responsabile della
morte del mio fidanzato. Non ho mai perso il controllo. Non lo perderò
questa sera. Ma voglio essere io a guardarlo in faccia mentre tenterà di
ingannarci.-
- D’accordo. Andrai al ricevimento, ma Michael viene con te. Prendere o
lasciare agente Bristow –
- Prendo, agente Reed. –
- Bene, andate a prepararvi. Il vostro aereo parte tra sei ore. –
- Bene signori – concluse Dixon – Per ora è tutto. –
Lasciarono tutti la stanza. Tutti tranne Lauren Reed che restava seduta al
suo posto, lo sguardo fisso sul monitor spento davanti a sé. Sydney
Bristow avrebbe potuto avere ragione. Forse Arvin Sloane non era così
affidabile come lei credeva. Dopotutto aveva ingannato la CIA molte volte,
l’aveva usata cedendo false informazioni. Dovevano fare attenzione.
- Lauren, si può sapere a cosa stai pensando? La riunione è finita. –
- Michael... scusa. Pensavo a Sloane. E se Sydney avesse ragione?-
- E’ probabile che Syd abbia ragione, ma se non gli parleremo non lo
sapremo mai. –
- Non sono tranquilla. Credi che riuscirà a trovarselo davanti di nuovo e
a mantenere il controllo?-
- Ce la farà. E ce la farebbe anche da sola. –
- Preferisco che tu vada con lei. –
- Poteva andarci Weiss. –
- Weiss non conosce Arvin Sloane come lo conosci tu.-
- Su questo hai ragione... ma il motivo per cui hai mandato me è un altro.
Tu vuoi vedere se riesci a stare tranquilla sapendomi dall’altra parte del
Paese con Sydney. –
- E posso stare tranquilla?-
Non rispose. Le si avvicinò e le appoggiò un mano su capelli. Quando lei
girò il capo verso di lui, vide un sorriso sul volto di suo marito.
Sorrise anche lei.
- Andiamo a casa. Devi andare ad un ricevimento.-
********************************************************************************
- Ok, ci siamo. Sloane è là, vicino alle vetrate. –
- Bene. –
- Sydney, sei calma? –
- Mai stata più calma in vita mia. –
Il suo sguardo era tagliente. Era furioso e controllato allo stesso tempo.
Sul volto che solo poco prima ospitava un dolce sorriso, ora c’era solo
una fredda determinazione.
- Allora andiamo. –
Appoggiarono i bicchieri sul vassoio di un cameriere e si mossero verso
Sloane.
- Parlo io. –
- Mi raccomando Sydney. –
- Vaughn...potresti avere un minimo di fiducia? –
- Ci siamo. –
Arvin Sloane li vide avvicinarsi. Salutò i suoi ospiti e andò loro
incontro.
- Sydney, agente Vaughn... A cosa devo l’onore della vostra presenza? –
- Bel party, complimenti. Mi chiedevo con i soldi di quale traffico hai
messo su tutto questo.-
Michael la fulminò con lo sguardo.
- Non si preoccupi agente Vaughn. Sono abituato alle intemperanze di
Sydney. E comprendo la sua mancanza di fiducia. - Si rivolse poi a Sydney
– So che non hai creduto ad una sola parola di quello che ti ho detto a
Zurigo. Ma avrai modo di vedere che sono davvero cambiato. –
- Certo, ne sono convinta. – Nuovamente non riuscì a mascherare il tono
ironico.
- Ma non è per parlare di me che siete venuti fino a qui. Ed evidentemente
nemmeno per prendere parte al mio ricevimento. –
- Infatti. Sicuramente conosci il Covenant. –
- Ne ho sentito parlare. –
Sydney ebbe un moto di stizza. Ne aveva sentito parlare?!...sicuramente
aveva rapporti con loro. Odiava il modo in cui Sloane riusciva a
nascondere le sue intenzioni reali.
- Bene...diciamo che ne hai sentito parlare. Loro hanno preso una nostra
squadra. Come riscatto vogliono Sark. –
- E voi non volete lasciarglielo e avete bisogno del mio aiuto. –
- Già. –
- Quella di venire qui non è stata una tua idea ovviamente. Deve essere
stata la signora Vaughn a convincerti. –
La stava provocando, ma non avrebbe perso il controllo. Non avrebbe dato
nessuna ulteriore soddisfazione ad Arvin Sloane. Stava per rispondere
quando Michael intervenne.
- Il suo accordo con l’NSC comprendeva la sua collaborazione in caso di
bisogno. Bene, ora abbiamo bisogno del suo aiuto. E sì, è stata un’idea
dell’agente Reed quella di chiedere il suo aiuto. E le assicuro che né io
né Sydney siamo felici di essere qui. Sloane, non sappiamo cosa abbia in
mente, ma non prenderemo per oro colato tutto quanto ci riferirà. Dunque
se ha davvero voglia di continuare ad apparire sulle copertine dei
giornali nei panni dell’ “uomo nuovo”, le conviene non fare scherzi. Detto
questo, ci vediamo domattina alle nove all’aeroporto. Ci sarà una macchina
ad aspettarla. Buona continuazione. ... E a proposito...Lo champagne era
di ottima qualità.-
Appena ebbe finito prese la mano di Sydney e si allontanò in direzione
della scalinata.
- E poi dovevo essere io a mantenere la calma. –
- Scusa, ma non avrei sopportato una sola parola di più –
- E adesso ci credi? –
- Sì... ha in mente qualcosa. Un uomo del genere non cambia. –
- Ma chiederemo lo stesso il suo aiuto. –
- Syd, lasciamolo agire, vediamo dove arriva. E’ l’unico modo per sapere
cosa vuole. –
- Spero che tu abbia ragione... “Lo champagne era di ottima qualità”...?-
- Ok, quella me la potevo risparmiare...-
Si guardarono e risero. Fuori dall’edificio li stava aspettando la vettura
che li avrebbe riportati all’aeroporto e poi di lì a Los Angeles. Entrambi
sapevano che lasciando quella città, si lasciavano alle spalle anche la
piccola magia che si era ricreata tra di loro.
***
Aprì gli occhi. Di nuovo un incubo. Ogni notte era lo stesso: non appena
chiudeva gli occhi decine di immagini diverse si sovrapponevano, si
mischiavano, si inseguivano nella sua mente e le emozioni legate a quei
ricordi che il più delle volte non le appartenevano disturbavano il suo
sonno. Erano immagini del passato, del presente...alcune riguardavano quei
due maledettissimi anni...e non riusciva a trovare un senso a quello che
vedeva. Non riusciva a trovare se stessa in quello che sentiva. Quei
ricordi non erano i suoi, erano quelli di una persona orribile, di un
assassina... Era questo il suo segreto. Non voleva crederci...quando suo
padre le aveva mostrato quel nastro non aveva potuto credere ai suoi
occhi...e invece era proprio lei...Era quello che era stata in quei due
anni: un’assassina.... Chissà quante persone aveva ferito, tradito, fatto
soffrire. Come era potuto succedere? Perché non era riuscita a impedirlo?
Era stata la vittima di un gioco malvagio...eppure non riusciva a sentirsi
meno colpevole per questo...
Tentò di richiudere di nuovo gli occhi...ma non era facile prendere sonno
quando migliaia di domande affollavano la sua mente ed esigevano una
risposta.... Chi l’aveva rapita? E chi l’aveva liberata? ... Vedeva solo
un volto sfocato...e sentiva una voce lontana...Non poteva esserne
sicura...eppure quelle erano le sembianze di sua madre... Sua madre....
che ruolo aveva avuto nella sua scomparsa? E ora dov’era? Perché non
tornava? Avrebbe voluto farle così tante domande... Pensando a sua madre
si riaddormentò... e sognò... Sognò un tempo lontano... sognò di essere
amata, di essere felice, di non essere sola... Sognò di quel pomeriggio
nuvoloso e freddo di un inverno di tanti anni prima... L’osservatorio alle
sue spalle...la nebbia fitta che copriva la valle davanti a lei... Non
riusciva a distinguere la roccia dal cielo...eppure non aveva paura...non
era sola... con lei c’era lui, come c’era sempre stato nei momenti più
difficili, nei momenti più tristi, nei momenti più dolorosi, nei momenti
più felici... c’era la sua voce che diceva sempre la cosa giusta, c’erano
i suoi occhi che non avevano mai il coraggio di guardarla, c’era la sua
presenza che l’avvolgeva... c’erano quelle parole che non riusciva a
dimenticare ...
“ mi piacerebbe davvero poter stare tra la gente con te...poterti guardare
veramente... anche io lo vorrei davvero”
Riaprì di nuovo gli occhi....ma questa volta le lacrime le impedirono di
richiuderli.
***
Quando era rientrato Lauren dormiva già profondamente. La guardò per un
po’ senza muoversi dalla porta della camera. Non voleva svegliarla. Poi
tornò nello studio e si sedette alla scrivania. Non voleva andare a
dormire, non voleva che il sonno cancellasse nuovamente quello che aveva
provato quella sera. Non riusciva a non pensare a lei. Non voleva non
pensare a lei. Aprì il cassetto sulla destra e ne tirò fuori una scatola
di legno intarsiato. L’aprì e rimase a guardarne il contenuto per qualche
minuto... o forse per qualche ora... non avrebbe saputo dirlo: l’orologio
che stava fissando era fermo ormai da più di quattro anni.
- Non sei venuto a letto questa notte. Sei stato qui tutto il tempo?-
- Non avevo sonno ... Non volevo svegliarti. –
- E come è andata ieri sera? –
- Bene. Tutto come previsto. Sloane sarà a LAX alle nove ... non ci sono
stati problemi. –
- Cosa c’è Michael? A cosa pensi? Non riesco più a capirlo. Sei qui, ma a
volte è come se con la testa fossi altrove. –
“Come se con la testa fossi con lei” E’ questo quello che avrebbe voluto
dire, ma si trattenne. Trattenne il disappunto e la paura, la
preoccupazione. E tentò di negare per l’ennesima volta quello che ormai
era per lei evidente: tutti gli sforzi di suo marito per allontanare il
passato erano stati vani. Ripensò alla prima volta che l’aveva visto ...
era un uomo distrutto dal dolore, un uomo che aveva perso tutto, compresa
una ragione per vivere. Ricordò che gli si leggeva negli occhi l’amore che
provava per Sydney ... Ogni cosa di lui diceva che non l’avrebbe mai
dimenticata. Che quell’amore non si sarebbe mai spento. Mai. Con il tempo
forse Michael era riuscito a non pensarci, a metterlo a tacere, ma ora che
lei era ritornata... lui non poteva fare a meno di amarla...come aveva
sempre fatto... o forse ancora di più ... Li aveva visti insieme... nelle
parole, nei gesti, nella voce, negli sguardi... c’era qualcosa che li
univa, un filo invisibile che li legava. Non dipendeva da loro, non era
colpa loro. Era stato il destino a sceglierli.
- Mi dispiace Lauren... Sono stanco, sono preoccupato per la riunione, per
Sloane, per Sark, per questo Covenant...-
- Lo so ...- disse cercando di dimenticare ciò a cui stava pensando poco
prima. – Non sarà una scelta facile ... Spero che vada tutto per il
meglio. –
Sorrise a suo marito, ma lui non sembrò accorgersene. Continuava a fissare
il vecchio orologio rotto di suo padre. Non aveva mai capito perché suo
marito non l’avesse mai fatto riparare.
***
Arvin Sloane era arrivato puntuale e tutto era andato secondo i piani:
nessun imprevisto, nessuna complicazione. Sloane non aveva fornito
informazioni decisive sul Covenant, ad ogni modo si era rivelato un aiuto
prezioso per prendere una decisione. In fin dei conti la sua autorità in
materia di attività criminali era indiscutibile. La decisione era stata
presa. Sark sarebbe stato liberato.
- Non posso credere che lo stiamo facendo. Liberiamo Sark! Dixon non credo
che sia la decisione giusta. –
- Sydney, forse Sloane ha ragione: Sark ci serve più fuori che qui. Ormai
non ha più informazioni utili per noi, ma se lo lasciamo andare potrebbe
portarci ad alcuni membri del Covenant. –
- E’ a Sloane che serve Sark libero, non a noi! Non posso credere che ti
stia fidando della parola di Arvin Sloane! –
- Syd, odio Sloane almeno quanto lo odi tu. Lo odio per quello che ha
fatto, lo odio per quello che era...Ma adesso è diverso. –
- No Dixon, non lo è. E questo tu lo sai benissimo. –
***
- Sei in ritardo. –
- Scusa, ma non è facile per me avvicinarmi a Los Angeles. –
- Come stai? –
- Bene adesso che Sydney è al sicuro. Sono contenta di vederti Jack. –
- Anche io. Grazie per quello che hai fatto. ... Irina, senza di te non ce
l’avrei mai fatta.-
- Ma non è ancora finita... –
- Non lo è. Chi è stato?-
- Covenant...credo. Una nuova Alleanza....ma sono molto più potenti –
- Niente di più preciso? –
- Non è facile avere informazioni... Jack, dietro al Covenant c’è più
della semplice criminalità organizzata... c’è il mondo politico:
dittatori, ambasciatori, diplomatici, uomini potenti e forse persino
qualche agenzia governativa...–
- Cosa ne pensi del mio isolamento? Mi hanno tagliato fuori, mi hanno
impedito di parlare...Eppure non credo che l’NSC abbia delle implicazioni
dirette con quella organizzazione... o con la scomparsa di Syd-
- Ne sei sicuro? Sai che non mi ha mai convinto l’esame del DNA fatto su
quei resti...e il fatto che tu sia stato messo in isolamento...-
- Forse sapevano... Ma c’è un’altra cosa. ... Vaughn .. si è sposato. –
- Cosa?!... Allora lui ... –
- Non ha saputo ... –
********* flashback
**************************************************************
- Non posso credere a quello che vedo...non può essere lei! –
- Jack...non ci sono dubbi...è lei. –
- E’ viva... – Sydney era viva...non poteva davvero crederci. Dopo la sua
morte aveva votato la sua vita a trovare i responsabili per quanto era
successo. Era disposto a tutto pur di trovare chi aveva ucciso sua figlia.
E sapeva benissimo che solo una persona poteva aiutarlo: sua moglie. E
così avevano iniziato a lavorare insieme. Entrambi volevano la stessa
cosa...E ora le loro ricerche li avevano condotti ad un’assassina...ma
quell’assassina non era un’estranea...era Sydney. Sydney era viva.
- E’ viva...è stata rapita...condizionata probabilmente. –
- Sicuramente Irina! Sydney non farebbe mai nulla del genere
volontariamente. –
- Ti stai chiedendo perché lei, non è vero? Stai pensando chi avrebbe
potuto conoscerla, chi avrebbe avuto bisogno di lei. –
- Syd è addestrata alla perfezione... Sono molte le persone che avrebbero
potuto avere bisogno delle sue...qualità. –
- Dobbiamo trovarla, portarla via da quella vita...-
- Irina, credo che questo sia compito tuo...Io ho le mani legate...Credo
che inizino a sospettare la nostra collaborazione. Mi stanno facendo
troppe domande. –
- Jack...io posso trovarla... Ma non so se riuscirò a farlo da sola. –
- Non sarai da sola... Se mi dovesse succede qualcosa, farò in modo che
qualcuno continui le indagini al posto mio. –
- Non ti riferirai a...? Hai detto che volevi lasciarlo fuori.. –
- Ho detto che non aveva senso coinvolgerlo... prima...Ma ora è diverso,
Syd è viva... Adesso non abbiamo altra scelta che coinvolgerlo...deve
sapere la verità –
- E credi davvero che Michael Vaughn collaborerà con me? –
- Sì, se si tratta di Sydney... Non sarà felice, ma lo farà per lei. Farò
in modo che sappia quello che sappiamo noi. Ci penso io. Ti farò
contattare. –
********************************************************************************
- Jack dobbiamo scoprire cosa c’è dietro a tutto questo... Chi c’è dietro
a tutto questo. –
- Qualcuno che sapeva di quel progetto... –
- Erano in molti a conoscerlo... –
- Non posso crederci...in qualche modo sono stato io a condannarla. –
- No Jack, non tu. Tu volevi solo proteggerla dal nostro mondo, darle gli
strumenti per difendersi. E’ stato qualcun altro ad usarla. E dobbiamo
trovarlo...Syd potrebbe essere in pericolo. –
- Non lo sarà... fintanto che non ricorda nulla. –
Sentirono un rumore.
- Farai meglio ad andare. Teniamoci in contatto. –
- D’accordo... Quando vedi Sydney...dille solo che le voglio bene. –
- Lo farò. – Sorrise a sua moglie, ma lei era già sparita.
***
Da quando era stato liberato aveva passato le sue giornate nel suo vecchio
ufficio alla CIA, eppure, ogni volta che camminava nei corridoi, riceveva
occhiate diffidenti da tutti: non si fidavano ancora di lui. Quel giorno,
quando entrò nel suo ufficio, Sydney lo stava aspettando.
- Tesoro, cosa ci fai qui? –
- Ti devo parlare. Hai sentito cosa faremo? –
- No –
- Libereremo Sark...Sark per una squadra di agenti. –
- Sark per degli agenti?! E da quando l’ Agenzia è diventata umana? –
- Non ci credi nemmeno tu, non è vero? –
- Nemmeno un dilettante libererebbe un terrorista per una squadra...a meno
che in quella squadra non ci sia qualcuno che ha delle informazioni...
interessanti. –
- Lo saprò... E’ stato l’NSC ad approvare lo scambio... sotto consiglio di
Arvin Sloane. –
- Sydney... stanno succedendo cose molto strane... – Così dicendo Jack si
avvicinò alla figlia, tirò fuori dalla tasca della giacca una penna e
l’aprì. – Ho solo 90 secondi. Oggi ho visto tua madre. Sta bene.... Io
sono stato messo in isolamento, capisci? Dall’NSC. Credo che loro
sapessero che tu eri viva, ma che non abbiano voluto farlo sapere a
nessuno. Non so cosa e chi ci sia sotto tutto questo. Ma dobbiamo sapere,
e tu sei in pericolo. Ricordi il video che ti ho mostrato...L’uomo
ucciso... stanno indagando su quell’omicidio... potrebbero risalire a te –
- L’NSC, Sloane, Sark, il Covenant.... troppa gente...Chi muove le fila ?-
- E’ questo che dobbiamo scoprire. Un ultima cosa: io avevo fatto in modo
che Vaughn sapesse che tu eri viva. Tempo scaduto.-
- Papà ... io ...-
- Tesoro, ci vediamo domani. –
Sydney lo guardò e uscì dalla stanza. Vaughn sapeva?! E si era sposato lo
stesso?! E non l’aveva cercata?! Non era possibile...qualcuno aveva fatto
in modo che lui non avesse quell’informazione...Le stesse persone che
avevano messo in isolamento suo padre probabilmente. L’NSC. C’erano troppe
cose che non quadravano. Doveva fare chiarezza e purtroppo una sola
persona poteva aiutarla. Doveva parlare con Michael: ma come avrebbe fatto
a riferirgli ciò che le aveva detto suo padre, senza dire la verità su ciò
che era stata? E soprattutto, avrebbe dovuto coinvolgere Lauren? Non aveva
tempo per pensare a tutte queste risposte...Michael era già davanti a lei.
- Vaughn, dobbiamo parlare. –
- Dimmi. –
- No, non qui. Vediamoci tra due ore... al solito posto. –
Erano più di tre anni che non entrava in quel vecchio magazzino. Da quando
l’SD-6 era stata distrutta, da quando la sua vita di agente
doppiogiochista era finita. Ma in quel momento le sembrava tutto come
allora. Non appena entrò vide che Michael era già lì ad aspettarla. “Come
sempre” pensò.
- Ehi –
- Ciao. – Anche il saluto era sempre lo stesso... e forse si ingannava, ma
anche i suoi occhi non erano molto diversi.
- Come mai tutta questa segretezza? –
- Devo dirti due cose. E per una non abbiamo molto tempo. –
- Allora non perdiamone altro. –
- Bene. Prima cosa: non credo allo scambio. Non credo che la vita di sei
agenti valga la liberazione di Sark. Non per l’agenzia, almeno. E credo
che il Covenant non abbia scelto a caso l’obiettivo. –
- In quella squadra c’è qualcuno che non possiamo permetterci di perdere.
E’ questo che intendi. –
- Esattamente. Dobbiamo sapere chi e perché. E anche perché l’NSC non ha
detto nulla. –
- Sydney... Non è necessariamente colpa dell’NSC. –
- Non si tratta di difendere l’Agenzia per cui lavora tua moglie Vaughn!
Si tratta del fatto che Lindsey ha approvato uno scambio per un motivo ben
preciso che si è guardato bene dal comunicarci...-
- Non volevo difendere...Lascia stare. Cerchiamo di scoprire tutto sui
membri di quella squadra. E la seconda cosa?-
- E la seconda cosa... – Non era più così sicura di voler intraprendere
quella conversazione... Aveva paura della possibile reazione di Michael...Eppure
lei doveva sapere...sapere se lui avesse rinunciato a lei pur sapendo che
era viva...Voleva sapere chi aveva di fronte. – e la seconda cosa riguarda
la mia scomparsa. –
Il volto di Michael si fece scuro. Sicuramente per lui pensare a quel
periodo era ancora doloroso.
- Qualche giorno fa mi hai detto che volevi sapere cosa mi era successo...
–
- E’ così. Voglio saperlo. –
- Ma non sono sicura se sei pronto per sapere questo... e non so se io
sono sicura di dirtelo...se posso fidarmi di te. –
- Syd... so che...quello che è successo... come ti senti....Ma tu ti puoi
fidare di me. Sono sempre io. –
- Sei sempre stato l’unico di cui mi potessi fidare...ma capisci che ora è
difficile...soprattutto ora che so... –
- Che sai cosa? –
- Mio padre sapeva che io ero viva...lo sapeva da un anno...e prima di
essere messo in isolamento ha fatto in modo che tu avessi le informazioni
che lui aveva raccolto...che tu sapessi che io ero viva!-
- Tuo padre sapeva che eri viva...da un anno...?!-
- Dimmi la verità: hai mai avuto quelle informazioni? –
- Syd...io non...un anno...Io non ho mai avuto niente...non sapevo
niente...Credi che se avessi saputo che eri viva... –
- Io non lo so... Non capisco più niente.. – Sentì le lacrime invaderle
gli occhi...erano lacrime di sollievo...perché Michael non aveva ignorato
le informazioni di suo padre; erano lacrime di disperazione, perché se
Michael avesse saputo...allora adesso le cose sarebbero state molto
diverse;...erano lacrime di paura...perché chi teneva le redini di quel
gioco era evidentemente molto pericoloso;...erano lacrime di nostalgia...perché
quando lei aveva avuto quel tipo di reazione, lui l’aveva sempre stretta a
sé dolcemente e invece ora stava in piedi davanti a lei...e la guardava,
ma non si muoveva....
- Syd...credimi, se solo avessi saputo che eri viva.... Lo so che non ha
molto senso fare questo discorso adesso, so che avrei dovuto cercarti
comunque....ma se avessi saputo che eri ancora viva, avrei continuato le
indagini di tuo padre... avrei collaborato persino con tua madre...se
questo fosse servito... – “ a riportarti da me” concluse nel pensiero
quello che non poteva dire a parole. Allora Jack era stato messo in
isolamento così che non potesse rivelare alla CIA la verità su Sydney...
Era stato l’NSC a farlo arrestare...che cosa voleva quell’Agenzia? Quali
erano i suoi scopi...E chi aveva fatto in modo che lui non sapesse la
verità.... Se solo avesse saputo...Nell’ultimo anno erano successe così
tante cose... se solo avesse saputo...almeno una di quelle cose non
sarebbe mai avvenuta... Ma sarebbe stato davvero un bene?
- Perché tuo padre non ha parlato subito con Dixon? Perché voleva che a
saperlo fossi solo io? –
- Perché si poteva fidare solo di te... Quello che ho fatto in questi due
anni...- Non riuscì a trattenere le lacrime – Vaughn...ho fatto cose
terribili...ho fatto del male a tanta gente...non lo so...Chi mi ha
rapita...mi ha fatto diventare un’assassina.... Vaughn...ho ucciso a
sangue freddo un uomo...ho visto quel video, il gelo che avevo negli
occhi, mi muovevo in modo così automatico...io ho ucciso più di una
persona...sono stata una persona orribile! –
Si coprì i volto con le mani, ma questa volta Michael le si avvicinò e la
strinse, come aveva sempre fatto.
- Syd...non eri tu. Non darti la colpa per qualcosa che non è dipeso da
te. Ti prego, non farti del male. ... Troveremo chi ti ha fatto tutto ciò.
Troveremo un modo. ... E per quello che può contare: mi dispiace. –
Al sentire quelle parole, Sydney si strinse ancora di più contro Michael,
aveva bisogno di lui, del senso di sicurezza che ancora le trasmetteva,
nonostante tutto...Aveva bisogno di non sentirsi sola, della sua presenza,
del suo aiuto... Sapeva che una volta trovati i responsabili di quei
fatti, l’avrebbe perso per sempre, l’avrebbe dovuto lasciar tornare alla
sua vita... ma ora aveva bisogno di lui. E lui era lì.
- C’è un’altra cosa. Ti prego, per un po’... non dire niente a Lauren. –
- Syd...non posso tenerle nascosta una cosa del genere...lei è mia moglie.
–
- Lo so...ma è dell’NSC...e loro stanno indagando su quel dannato
omicidio... se scoprono che sono stata io...Non posso tornare in custodia
federale!-
- Questo non lo permetterò mai, ma ti puoi fidare di Lauren. –
- Non mi fido di nessuno...non più ormai...ti prego...non dirle niente...
ti prego. – Sapeva di chiedergli tanto...ma non poteva evitarlo. Si liberò
dall’abbraccio che l’avvolgeva ancora fermamente, si asciugò le lacrime...
e come al solito disse: - Devo andare. –
- A domani allora. –
- A domani. –
Lo guardò un’ultima volta e si diresse verso l’uscita. Sapeva che lui
l’avrebbe seguita di pochi minuti...Pensò che non avevano mai lasciato
quel posto insieme.
***
Lo scambio di Sark con la squadra catturata era andato secondo i piani.
Ora l’NSC stava interrogando gli agenti...Avrebbero poi riferito quello
che avevano scoperto? E cosa sapevano quegli agenti di così tanto
importante? L’unico modo per sapere era parlare con Luren... Doveva
farlo...E l’occasione si stava presentando. Lauren stava uscendo dalla
stanza degli interrogatori, Sydney le si avvicinò.
- Allora ? –
- Ottimo lavoro Sydney, l’operazione è stata condotta brillantemente. –
- Non è questo che voglio sentirmi dire. Voglio sapere cosa sanno quegli
agenti di tanto importante per valere il rilascio di Sark... o credi
davvero alla storia che l’Agenzia non vuole perdere degli uomini
valorosi?-
- Troverai tutto nel rapporto che compileranno per domattina. –
- Nel rapporto non c’è mai tutto...-
- C’è tutto quello che deve esserci. –
- Avete classificato qualche informazione? –
- Se sono state classificate...-
- Lauren, non so cosa ti ho fatto, forse è perchè ho messo in discussione
la tua autorità quando ho detto che era sbagliato fidarsi di Arvin
Sloane...Ne ero convinta e lo sono ancora...Ma non puoi parlarmi in questo
modo...sono un’agente e ho il diritto di conoscere quelle informazioni!-
- Ogni cosa a suo tempo... agente Bristow. – disse freddamente e accelerò
il passo lasciando Sydney incredula nel mezzo del corridoio
***
- Da quanto lo sapevi?!-
Aveva appena riaperto la porta di casa e aveva sorriso a suo marito, ma
non si aspettava una reazione del genere... E non capiva il tono
inquisitorio di Michael
- Tesoro...sapevo cosa?-
- Lauren, non giocare con me! Dimmi la verità, da quanto lo sapevi?-
- Michael, ti ripeto che non so di cosa stai parlando?-
- Va bene... Ora ti racconto una storia... Lo scorso anno è stato ucciso
Lazarey, ti ricordi? E’ per scoprire il responsabile di quell’assassinio
che sei stata trasferita definitivamente a Los Angeles. L’NSC scopre che
Lazaray è il padre di Sark e che è stato ucciso da un killer del Covenant...ora
il Covenant chiede Sark in cambio di sei agenti... Tiro ad indovinare...quei
sei agenti erano stati mandati a raccogliere prove sulla morte di Lazaray...
Quando il Covenant lo scopre cosa fa? Si libera del suo assassino che è
stato compromesso...cattura la squadra che ha le prove...e per il suo
rilascio chiede in cambio Sark...così vende il suo assassino dando all’NSC
le prove per incastrarlo e incassa l’eredità di Sark... E voi siete tutti
contenti perché avete qualcuno da incolpare per la morte di Lazaray...poco
vi interessa se il famigerato killer è uno dei migliori agenti che la CIA
abbia mai avuto...poco vi interessa che sia una donna che ha già sofferto
abbastanza, e che non era esattamente “in sé” quando ha commesso quell’omicidio...–
- E’ vero, la squadra cercava prove sull’assassinio di Lazaray...-
- Prove che ora avete... ma che non fanno altro che confermare qualcosa
che sospettavate già... E qui torniamo alla mia domanda originaria: da
quanto lo sapevi? –
- Michael io... –
- Niente io... niente risposte preconfezionate del tipo “le informazioni
erano confidenziali” oppure “non ne eravamo certi”... Ti rendi conto che
mi hai ingannato per quasi un anno?! Ti rendi conto che mi hai preso in
giro? Dimmi solo perché! –
- Ti giuro che l’ho saputo solo oggi... E’ vero, i miei superiori lo
sospettavano da tempo, ma non mi hanno mai detto niente...E’ solo oggi...quando
ho visto le prove...che ho saputo...Io non ti avrei mai ingannato...te lo
giuro...devi credermi...io ti amo...Michael..devi credermi...- Scoppiò a
piangere. Sentì che stava per perderlo, sentì che lui non credeva a quello
che gli aveva detto... Come avrebbe potuto fare? Come avrebbe potuto
aggiustare le cose?
- Lauren.... – Non disse altro. La guardò gelidamente e si diresse verso
la porta d’ingresso.
- Dove vai?-
- A fare quello che devo... Non permetterò a quella gente di farla
soffrire più di quanto non abbia già sofferto. –
- Vengo con te... –
- Lauren... – si girò verso sua moglie. Era ancora in lacrime...e sembrava
essere sinceramente preoccupata e dispiaciuta di quanto stava per
succedere. – No... Devo andare da solo. Spero di arrivare in tempo. –
-Weiss devi farmi un favore. – disse velocemente dal vivavoce dell’auto.
- Ehi Mike calma... cosa sta succedendo? – rispose l’amico con tono
preoccupato.
- Prendi Syd e portala al vecchio magazzino, ci vediamo lì tra mezz’ora...
Nessuno deve sapere niente. –
Riagganciò e premette ancora più forte sull’acceleratore. Doveva arrivare
prima dell’NSC, doveva portare via Syd prima che la trovassero... prima
che la portassero via...Prima che la portassero via dalla sua vita...
Aveva scelto. In realtà aveva sempre saputo quale era la cosa giusta da
fare, quale era il lato giusto: lui era il suo alleato, lui era dalla sua
parte e lo sarebbe sempre stato, contro tutto e contro tutti. Non aveva
mai infranto una promessa, e non avrebbe infranto quella che aveva fatto a
Syd. Lui era il suo alleato...lui l’avrebbe protetta.
- Vaughn che succede? Perchè mi hai fatto venire qui di corsa?-
- L’NSC... loro sanno di Lazaray. –
- Cosa c’entra Syd con Lazaray? – intervenne Weiss.
- Come hanno fatto a saperlo?- Replicò Syd senza considerare la domanda di
Weiss.
- La squadra, ricordi? Loro hanno le prove. Sanno che sei stata tu. Ti
arresteranno. –
- Aspetta aspetta aspetta! Syd ha ucciso Lazaray?!- nuovamente la domanda
di Weiss cadde nel vuoto.
- L’NSC sapeva che io ho ucciso Lazaray? ... Sapevano che ero...viva?!-
- Non ne avevano le prove...ma...sì...loro lo sapevano. –
- Sapevano che era viva?!- Di nuovo non ottenne attenzione dai suoi due
amici. Decise di alzare il tono della voce. – Ragazzi mi volete dire cosa
sta succedendo?!-
Niente, nessuna risposta. Michael e Sydney erano in piedi, uno di fronte
all’altra, si guardavano fissamente negli occhi senza dire una parola. Ma
Weiss sapeva che quello era il loro modo di parlarsi, quello era il loro
linguaggio segreto...
- Dobbiamo andare via di qui... tra poco ti troveranno. – Disse ad un
certo punto Vaughn, interrompendo quella magica conversazione silenziosa.
- Sì. – Disse semplicemente Sydney. Poi si girò verso Eric. – Ti farò
avere mie notizie. Non ti preoccupare, sono in buone mani. – Lo abbracciò
e uscì dal magazzino seguendo Michael.
Weiss restò immobile, guardando i suoi due amici allontanarsi. Pensò che
anche se molte cose erano cambiate, nulla era diverso.
- Dove andiamo? ... Cosa faccio adesso?! ... E mio padre? Lo sa?... Come è
possibile che sapessero? E l’isolamento di mio padre? E le informazioni
che non hai ricevuto...Loro lo sapevano...sapevano...-
- Syd! Syd! Stai calma! Ti prego, respira! –
Respirare? “Giusto”, era un ottima idea, doveva provarci, anche se era
incredibilmente difficile...Le cose stavano finalmente assumendo un ordine
e dunque un senso nella sua testa... Ma nonostante ciò, erano ancora molti
gli aspetti della vicenda che le sfuggivano, erano ancora molte le domande
che non avevano risposta... Le sembrò di impazzire tutto ad un tratto...
Doveva tentare di restare lucida...Cercò di trarre vantaggio dal suo
addestramento...Fece un ampio respiro ed chiuse le emozioni fuori dalla
sua mente...doveva tornare razionale, doveva focalizzarsi solo sul
problema attuale...
- Cosa sanno di preciso? – Decise di chiedere.
- Dopo che mi hai parlato... ieri, al magazzino, sono tornato in ufficio e
ho letto il rapporto... quello della squadra catturata a Parigi. Diceva
che avevano raccoltole prove che senza più alcun dubbio dimostravano il
coinvolgimento nell’omicidio di Lazaray... senza più alcun dubbio – scandì
le parole – Loro lo sapevano... il problema era capire da quanto. Così ho
chiesto a Marshall di fare una piccola ricerca sulla rete dell’NSC. –
- Chi ti ha autorizzato? – Lo interruppe Sydney, conoscendo tuttavia la
risposta: Michael non aveva chiesto l’autorizzazione a nessuno. Non ne
aveva dubbi. Quello su cui era incerta era come sentirsi a proposito:
felice perché lui era dalla sua parte, o arrabbiata perché si stava
mettendo nei guai per lei...
- Nessuno – Rispose velocemente notando l’espressione di rimprovero che
c’era nello sguardo di lei. – Syd, non potevo aspettare un’autorizzazione.
– Si giustificò brevemente...o forse tentava di mascherare il fatto che
non aveva nemmeno preso in considerazione l’idea di chiedere il permesso
per iniziare quell’indagine: quando si trattava di Sydney, il protocollo
perdeva la sua importanza.
Sydney continuava a guardarlo... era come se potesse leggere nella sua
mente... e nelle sue parole trovò la conferma alle sue precedenti ipotesi.
Sorrise... decise che era felice: lui era dalla sua parte.
- Ho trovato i files – continuò – Sapevano che tu eri viva da circa un
anno... all’incirca da quando lo sapeva tuo padre – Si fermò prima di
aggiungere – E prima che tu me lo chieda: no, Lauren non ne sapeva
niente.. o almeno, questo è quello che mi ha detto. – Concluse dubbioso,
ricordandosi dell’ultimo litigio con sua moglie.
- Devi fidarti di lei... lei ti ama... non ti avrebbe mentito. – Perché
aveva detto quelle parole? Non lo riusciva a capire. Forse aveva sentito
nel tono di Michael una mancanza di fiducia verso sua moglie... Forse
aveva bisogno di sapere che lui era felice, anche se non lo era con lei...
o forse era semplicemente un modo per difendersi, per proteggersi dalla
speranza che per lei e Michael ci potesse essere ancora una speranza. Nel
vederlo rischiare così tanto per aiutarla, per la prima volta lo aveva
sentito di nuovo vicino... e sapeva che da lì all’illusione il passo era
breve. Difendere Lauren era un modo per risollevare il muro tra di loro,
per riguadagnare quella strana distanza che avevano imparato a rispettare
e che si stava pericolosamente riducendo.
Michael si stupì del suo intervento. E si accorse della paura e della
rassegnazione che quelle parole esprimevano.
- Ora non importa – disse, cercando di rassicurarla, ma sopratutto
tentando di cambiare argomento. – Ho avvertito tuo padre, lui sistemerà le
cose a Los Angeles. –
- Portami dove devi portarmi e poi lasciami lì. Me la so cavare da sola.
Tu devi tornare a casa. –
“Tornare a casa?” Come avrebbe potuto tornare a casa e lasciarla da sola?
Non aveva preso in considerazione nemmeno per un singolo istante l’idea di
abbandonarla al suo destino. “Il suo destino”... no, quello era il “loro”
destino... lo era sempre stato. Non poteva tirarsi indietro ora, non
poteva tornare a nascondersi nella sicurezza della sua casa. Il suo posto
in quel momento era con lei, al suo fianco, dove era sempre stato.
- Ne riparliamo quando arriviamo. – Disse continuando a guidare senza
togliere gli occhi dalla strada.
Sydney lo guardò e sospirò . Sapeva che era inutile discutere con lui.
Michael Vaughn non l’avrebbe lasciata da sola. Nuovamente si sentì felice.
***
Non appena sentì il campanello della porta suonare, si alzò dal divano e
corse verso l’uscio. Sperava fosse Michael, ma subito si rese conto che
suo marito non sarebbe tornato così presto... forse non sarebbe più
tornato... Con sorpresa si trovò davanti a Jack Bristow.
- Agente Bristow. – Esclamò, cercando di ricomporsi.
- Agente Reed. – Rispose Jack gelidamente. Si spinse in avanti facendola
arretrare ed entrò in casa senza aspettare l’invito della donna.
- C’è qualcosa che posso fare per lei? – Disse Lauren richiudendo la porta
e seguendo Jack, che ora era in piedi davanti al divano.
- Vaughn mi ha informato. – Disse semplicemente. A Jack Bristow non
piacevano i giri di parole.
Lauren sospirò e si mise a sedere sulla poltrona. Incrociò le braccia, più
per difesa che per sfida. Perciò Michael aveva informato il padre di
Sydney di quello che l’NSC sapeva...
- Se è qui per dirmi che vi ho ingannati... –
- Non sono qui per questo, Agente Reed. Non ho tempo per essere
infantile... e non ho nemmeno più l’età giusta. – aggiunse sarcasticamente
– Vaughn mi ha detto anche che lei era all’oscuro del fatto che Sydney era
viva. Diciamo che per ora le credo... Voglio crederle...-
- E allora perché è qui? – Chiese Lauren sentendosi sollevata dal fatto
che quell’uomo non fosse andato a casa sua per incolparla della scomparsa
della figlia.
- Perchè ho bisogno del suo aiuto –
Al sentire quelle parole, Lauren si mise a sedere dritta sulla poltrona,
allontanandosi dallo schienale.
- Il mio aiuto per cosa... di preciso? –
- Sydney non ha ucciso Lazaray. –
- Ma le prove? Ha visto il filmato?... –
- Non è quello che ho visto...E’ quello che non ho visto. Quella donna
poteva avere il viso di Sydney... poteva essere Sydney...ma ovviamente non
era lei...o meglio, non era in lei. –
- Si riferisce ad un possibile condizionamento mentale?-
- Non sto parlando di una possibilità, Agente Reed, sto parlando di una
certezza. Ha mai sentito parlare di Martin Shepard?-
- Shepard... credo di aver letto qualcosa...nel dossier di Sydney. –
- Esatto. – Disse Jack allungandole un plico che conteneva diversi
incartamenti.
- Crede che Sydney sia stata rapita, torturata e condizionata...in modo
che diventasse un’assassina?-
- E’ quello che sto dicendo. –
- E chi sarebbe stato? Come avrebbero fatto a condizionarla? E poi perché
lei?-
- Covenant..su questo non ho dubbi.-
- Scommetto che ha ancora una certa fonte... –
- Non faccia giochetti con me...non è nella posizione adatta – la
interruppe bruscamente Jack – E per rispondere alle sue altre domande...bene,
la tecnica del condizionamento era largamente usata dall’SD ...e anche dal
Direttorio K... Per quanto riguarda il “perché lei”... questo è quello che
vorrei scoprire...anche se ho qualche ipotesi. –
- Tipo?-
- Sloane... –
Lauren stava per dire che Sloane non poteva aver niente a che fare con la
scomparsa di Sydney, che era un uomo che meritava fiducia, ma decise che
era inutile insistere su questo punto con i Bristow...
- Ha detto ipotesi, al plurale...Quali sarebbero le altre? –
- Un altra principalmente: Progetto Natale. –
Lauren lo guardò con aria interrogativa.
- Non ne ha mai sentito parlare, vero Agente Reed? A quanto pare sono
molte le cose che non sa... Comunque troverà tutto nei dossier che le ho
portato. Ad ogni modo... tutto questo non fa altro che ricondurci al
Covenant... Quello che io voglio scoprire è chi c’è dietro questa
organizzazione. Chi ha ordinato l’omicidio di Lazaray, perché, perché ha
scelto Sydney... –
- Agente Bristow... Capisco che è preoccupato per sua figlia. Ma se
davvero non è stata lei, non ha niente da temere... –
- Questo, Agente Reed, dovrebbe spiegarlo a suo marito, prima che a me. –
Colpita. Lauren tornò ad affondare nella poltrona senza più dire una
parola. Forse Jack Bristow aveva ragione. Sydney era stata rapita... e poi
rilasciata...incastrata forse... Ma l’NSC non avrebbe mai accettato questa
verità senza prove. Doveva aiutare quell’uomo a trovare le prove per
scagionare Sydney. Improvvisamente si rese conto che quello era anche
l’unico modo per riportare Michael nella sua vita... Già...Michael...chissà
dov’era adesso...
***
Si svegliò dopo un profondo sonno ristoratore. Finalmente era riuscita a
riposare in un letto. Finalmente la fuga era finita. Non aveva mai pensato
che l’addestramento ricevuto si sarebbe rivelato così utile per fuggire.
In effetti non aveva mai pensato a quanto fosse davvero difficile far
perdere le proprie tracce. Sorrise tra sé...era uno strano pensiero per
una donna che era scomparsa per ben due anni, che tutti avevano creduta
morta... ma in quella vicenda lei era stata solo una pedina, una
vittima... Ora invece era lei l’autrice della sua nuova uscita di scena.
Avevano guidato alternandosi fino a un piccolo aeroporto privato nel
centro dello Utah. Avevano ripulito la macchina in modo che non fossero
trovate impronte, o fibre...o niente che potesse ricondurre a loro con
certezza. Avevano lasciato la macchina in una rimessa abbandonata. Avevano
assunto nuove identità bruciando tutto quello che avevano con loro.
Avevano volato fino a New York City. Qui avevano cambiato nuovamente
identità, e con i documenti fornitigli da suo padre avevano preso due voli
separati. Lei direttamente per Dublino. Michael era volato a Monaco e
l’avrebbe raggiunta quella sera nella capitale della Repubblica Irlandese.
Si rigirò un po’ nel letto approfittando di quelli che sarebbero stati gli
ultimi momenti di riposo. Non sapeva per quanto avrebbe dovuto stare
nascosta. Ma era certa di una cosa: non sarebbe stata con le mani in mano
ad aspettare che trovassero le prove per scagionarla. Appena Vaughn
l’avesse raggiunta, avrebbero iniziato ad indagare...dovevano mettere
insieme le idee... appurare quanto sapevano...Se solo fosse riuscita a
ricordare qualcosa!
Lasciò la piccola pensione in Bond Road che il sole era già alto. In
effetti quegli “ultimi momenti di riposo” si erano trasformati in qualche
ora. Ora aveva bisogno di vestiti e accessori: quale posto migliore per
trovare ciò che cercava se non Grafton Street? Percorse East Wall Road
fino a giungere al fiume. “fluidofiume, passato Eva ed Adamo, da spiaggia
sinuosa a baia biancheggiante, ci conduce con un più commodus vicus di
ricircolo di nuovo a Howth Castle Edintorni”... ricordava il bizzarro
inizio di Finnegans Wake, l’ultima incompiuta opera di James Loyce... La
veglia di Finnegans, la confusione tra sogno e realtà, tra passato e
presente, tra origine e fine del tutto...l’irrazionalità di quelle parole
aveva perfettamente senso per lei. Costeggiò il Liffey lungo North Wall
Quay, passò davanti a Custom House, uno splendido edificio neoclassico,
proseguì sotto il ponte della ferrovia per Eden Quay, avanti fino ad
incrociare l’O’Connel Bridge. Lo attraversò e scese per Westmoreland
Street, alla sua sinistra mentre percorreva Green College Street poteva
vedere il Trinity College, e finalmente, si trovò in Grafton Street. La
via era piena di gente, turisti, artisti di strada o semplicemente ragazzi
che si incontravano fuori dal Burger King... tutti ridevano spensierati.
Guardò tutte le vetrine, sentendosi quasi una ragazza normale. Quando
vedeva qualche cosa che le piaceva, entrava nel negozio, provava i
vestiti, li acquistava pagando rigorosamente in contanti, sorrideva alle
commesse e salutava simulando il più perfetto accento irlandese. Dublino
era una città estremamente affascinante. Iniziò ad esplorare curiosamente
i vicoli, le stradine più caratteristiche, fu così che si trovò in Temple
Bar, il quartiere più famoso della città. Erano ormai le due passate e
iniziava ad avere fame. Scorse un piccolo bar e decise di entrare per
pranzare. Si sedette al bancone e il barista, con un largo sorriso, le si
avvicinò prendendo l’ordinazione.
- Chi non muore si rivede – Era una voce maschile alle sue spalle. Stava
parlando con lei? Si guardò attorno: nel locale non c’era nessun altro.
Sicuramente quell’uomo si stava rivolgendo a lei, e sembrava conoscerla.
Invece a lei quella voce non diceva niente. Si girò sorridendo per
guardare il suo interlocutore. Era un ragazzo che avrà avuto qualche anno
più di lei. Alto, capelli neri corti, occhi scuri, lo sguardo
indecifrabile... lo studiò velocemente. Stava sorridendo e si stava
avvicinando, più di quanto un conoscente avrebbe fatto, più di quanto un
semplice amico avrebbe fatto...senza che se ne rendesse conto l’uomo era a
pochi centimetri dal suo viso, si chinò leggermente per portarsi
all’altezza delle sue labbra e le diede un leggero bacio...Era sconvolta e
confusa...Ebbe una frazione di secondo per decidere come comportarsi...Nuovamente
l’addestramento si rivelò immensamente utile...Era il momento di agire:
restituì il bacio. Si tirò indietro e rischiò:
- Questo mi mancava... –
- Solo questo?-
- No... tu mi mancavi –
Lui sorrise e la baciò di nuovo, questa volta con passione. Sydney non
poté fare a meno di restituire a sua volta il bacio... mentre con la mano
estraeva con tocco leggero il portafoglio dalla tasca di lui e lo riponeva
nella sua borsetta.
- Come mai sei tornata a Dublino? – disse lui allontanandosi di nuovo.
Sydney sorrise e indicò le borse appoggiate sul pavimento. – Shopping –
L’uomo la guardò e rise – Sei sempre la solita Julia... –
- Sai com’è... – fortunatamente il cameriere arrivò portando le uova che
Sydney aveva ordinato e interrompendo la conversazione: non avrebbe più
saputo cosa dire. Quell’incontro l’aveva trovata completamente
impreparata.
- Sparirai ancora? – Le chiese lo “sconosciuto”.
- Non nel futuro più prossimo – rispose vagamente iniziando a mangiare il
suo pranzo.
- Julia, seriamente...perché sei tornata? –
- Seriamente... per lo shopping – disse questa volta con espressione
seria.
Lui doveva aver trovato nelle sue parole un significato che le sfuggiva,
dal momento che il suo volto si fece serio e abbassando la voce le disse:
- Da chi ti servi? –
- Non lo so, è un po’ che manco... Da chi dovrei andare questa volta...-
sapeva che stava giocando con il fuoco, ma doveva rischiare il tutto per
tutto.
- Ho un amico, è uno pulito...Ti posso organizzare un incontro per questa
sera... diciamo alle dieci...al pub su Wellington Quay... –
- Perfetto. A stasera allora. –
Lui la guardò nuovamente, il suo sguardo bruciava...le si avvicinò e le
diede un altro bacio, le mani di lui le incorniciavano il viso... si
allontanò di qualche millimetro e appoggiò la fronte a quella di lei: - Ti
ho già detto che mi sei mancata?-
- No, questo l’ho detto io – appoggiò un veloce bacio sulle labbra di lui
– Devo andare adesso. –
- Non finisci il pranzo? –
- A stasera – disse Sydney allontanandosi da lui. Prese le borse e si
diresse verso l’uscita. Non appena fu in strada prese un ampio respiro e
si passò la mano sulle labbra. Si guardò intorno e iniziò a camminare
velocemente verso Bond Road.
Sfortunatamente il volo tra Monaco di Baviera e Dublino era durato appena
due ore: quelli erano stati gli unici minuti di sonno che si era concesso
in due giorni.
Il taxi lo lasciò davanti alla pensione in Bond Road. Entrò e si avvicinò
al banco del portiere.
- Buona sera signore, posso aiutarla? –
- Certo. Mi chiamo Patrick Ryan. Ho prenotato una camera. Mia moglie è già
arrivata?-
- Signor Ryan, buona sera – disse il portiere come se lo conoscesse –
Certo, la sua signora è arrivata questa mattina. Alloggia nella camera 47.
–
- Bene, grazie. Buona sera – Afferrò la valigia e si diresse verso
l’ascensore.
Patrick e Melissa Ryan. Quella era la copertura che avevano deciso di
assumere a Dublino. Sperava che Sydney avesse già bruciato i documenti che
le erano serviti per il viaggio: non dovevano lasciare tracce.
La camera numero 47 era in fondo al corridoio del quarto piano, l’ultimo
dell’edificio. Affrettò il passo, voleva raggiungere velocemente la
camera, farsi una doccia calda e dormire. Ma non era preparato a ciò che
si trovò davanti non appena aprì la porta della stanza. Sydney era in
piedi, davanti allo specchio. I capelli raccolti con una forcina alla base
della nuca, un leggero golf in lana d’angora nera allacciato sul retro
lasciava scoperta gran parte della sua schiena perfetta, la gonna in pelle
dello stesso colore lunga fino al ginocchio fasciava le sue gambe e gli
stivali altissimi slanciavano la sua figura. Si girò sorridendo.
- Ben arrivato ... tesoro. –
Si rese conto che la stava fissando con la bocca semi aperta. Si riprese.
- Ciao... cara – disse richiudendo la porta alle sue spalle e andandole
incontro.
- Come è andato il viaggio? –
- Tranquillo –
- Bene. I documenti? –
- Me ne sono già liberato... sono ufficialmente Patrick Ryan. –
- E io sono ... Julia –
- Melissa, vorrai dire. –
- No... Julia. –
- Syd, cosa vuoi dire? –
- Voglio dire che oggi, mentre ero per negozi in Temple Bar, un uomo mi ha
riconosciuta...e mi ha chiamata Julia –
- E tu lo conoscevi? –
- Mai visto prima, ma ovviamente lui conosceva bene me –
- Perché sapeva il tuo nome? –
- Non esattamente – disse Sydney, ricordando l’incontro di quel pomeriggio
– Credo...che –
- Credi che... cosa? –
- Vaughn, quell’uomo mi ha baciata. – disse speditamente.
- Cosa?!-
- Credo che abbia a che fare con i due anni in cui sono scomparsa... –
- Sydney, un uomo ti ha baciata?! – disse incurante di quello che Sydney
gli stava dicendo.
- Vaughn...sì...Simon Walker, è questo il suo nome. –
- E come lo sai? Non hai detto che non lo conoscevi. –
- Non lo conosco. Ma mentre lo baciavo gli ho preso il portafogli. –
- L’hai baciato?! –
- Vaughn, la smetti di ripetere tutto quello che dico...Questo Simon mi
conosce...come Julia...e stasera ho un incontro con lui. –
- Syd fammi capire – Tutto quello che desiderava era riposare, ma
ovviamente non sarebbe riuscito a dormire nemmeno quella notte. Un uomo
aveva riconosciuto Sydney, l’aveva conosciuta nei due anni in cui era
scomparsa... e ... l’aveva...baciata! – Raccontami tutto – disse cercando
di togliersi dalla mente l’immagine di Sydney tra le braccia di un altro.
Sydney spiegò accuratamente tutto ciò che era accaduto nel pomeriggio, gli
parlò della reazione di Simon alla parola “shopping” e dell’incontro che
avevano programmato per quella sera.
- E così tu stai andando a quell’appuntamento da sola, e non sai nemmeno
cosa devi ...comprare. –
- Ascolta...ero un’assassina giusto?-
Michael annuì.
- Cosa compra un assassina? Armi. Credo che mi incontrerò con un mercante
d’armi....o qualcosa del genere.... Vaughn , so che è pericoloso, ma è
l’unico modo per scoprire chi ero veramente, cosa mi hanno fatto...chi mi
ha rapita.-
- Lo so...Io vengo con te –
- Non se ne parla. –
- No Sydney. La tua testardaggine non funziona con me. Io vengo con te...Julia
–
- E chi sei? –
- Il tuo...socio...qualcosa inventeremo. Quanto tempo abbiamo?-
- Quattro ore. –
- Più che sufficienti. Contatterò tuo padre, dobbiamo avere quante più
informazioni possiamo su Simon Walker. – Doveva muoversi in fretta,
elaborare un piano... ma la cosa più difficile sarebbe stata mettersi in
contatto con Jack senza essere rintracciato. Si avvicinò alla valigia ed
estrasse un computer portatile.
- Vaughn – Sydney era ferma a un passo da lui... e lo guardava. – Sono
contenta che tu sia qui –
La guardò negli occhi. Era bellissima, come sempre. Così forte e così
fragile allo stesso tempo. Non poteva resistere al suo sguardo, non ne era
mai stato capace. Le si avvicinò e la abbracciò – Andrà tutto bene –
Sussurrò tentando di rassicurarla. Sperava davvero che le cose si
sistemassero, che l’NSC smettesse di darle la caccia come si fa con un
criminale. Sperava davvero di poterla vedere felice.. di nuovo.
***** Los Angeles
****************************************************************
- Agente Bristow, io ho deciso di aiutarla... e questo è un grande rischio
per la mia carriera ... –
- E’ un grande rischio per la sua carriera?! – La interruppe irritato Jack
– In una situazione come questa lei mi viene a parlare di carriera? Le
dirò io cosa è davvero a rischio, Agente Reed, la vita di Sydney. Dopo
tutti gli inganni, gli abbandoni, i tradimenti che ha subito, ora è a
rischio la sua libertà, la sua possibilità di ricostruirsi una vita, di
trovare un modo di essere felice!-
- Non intendevo ... Capisco ...la ...situazione... Ma lei cerchi di capire
la mia: non ho idea di dove sia mio marito. Potrebbe essere in pericolo...
e io non so dov’è –
- Agente Reed, suo marito non è in pericolo più di quanto non lo sarebbe
in una normale missione. Ad ogni modo, non posso dirle dove lui e Sydney
si trovano, perchè non lo so nemmeno io. L’Agente Vaughn ha pensato che
sarebbe stato più sicuro così, per tutti. – Guardò Lauren negli occhi,
poteva leggervi apprensione... e rabbia. – Ascolti, so che è preoccupata,
arrabbiata, spaventata... ma Sydney è innocente e quanto prima proveremo
la sua innocenza, tanto prima suo... marito tornerà.-
- Capisco – Si rassegnò. Non avrebbe saputo dove Michael si trovava, e
anche se tutta la vicenda le sembrava una minaccia, anche se il
comportamento di suo marito le sembrava oltremodo irrazionale, capiva che
l’unico modo per riaverlo era quello di dimostrare l’innocenza di Sydney
Bristow. Di scoprire la verità sui due anni in cui era scomparsa.
Dopotutto questo era il caso su cui aveva lavorato per lungo tempo...
prima di essere affidata al caso Lazaray... E ora quei due casi si
intrecciavano...era solo una coincidenza, o anche lei era una pedina sulla
scacchiera? E chi erano i giocatori di quella partita. In quel momento
decise di raccogliere la sfida, più per se stessa che per altro. – Bene.
Da dove iniziamo? –
- Da qui – Disse Jack inserendo un nastro nel videoregistratore. – Questo
è il video della telecamera di sorveglianza dell’ufficio di Lazaray....il
giorno del suo omicidio. E’ stato visto e rivisto... Non dobbiamo trovare
quello che è sfuggito a chi lo ha analizzato. –
Stavano guardando quel video ormai da quasi tre ore.
- Niente...non mi sembra che ci sia niente. –
- Provi a zoommare... non sulla donna...su Lazaray... inquadri il primo
piano –
- Sta dicendo qualcosa... G... Gi ... Non capisco –
- Provi più lentamente. –
Sembrava che Lazaray stesse pronunciando una parola...forse conosceva
l’identità dell’assassina, forse conosceva Sydney! La loro attenzione
venne distolta dal suono del telefonino di Jack...un messaggio.
- E’ Vaughn... Il messaggio viene da internet –
- Irrintracciabile –
- Suo marito è ben addestrato, Agente Reed. – Commentò sarcasticamente.
- Cosa dice? –
- Pare che dobbiamo cercare informazioni su di un certo Simon Walker. –
- Simon Walker? –
- Già... e credo che Lazaray...dica “Julia” –
**** Dublino
********************************************************************
- Bene – Disse Michael premendo il tasto di disconnessione e chiudendo il
portatile.
- Notizie? –
Annuì, alzandosi dal letto e andando a staccare il cavo del telefono.
- Buone o brutte....Vaughn, dimmi qualcosa –
Michael si girò e la guardò Aveva l’aria preoccupata. Lei conosceva bene
quell’espressione e riusciva a distinguerla chiaramente nonostante tutti
gli sforzi che lui sempre faceva per nasconderla. Ma questa volta lui non
si stava sforzando per mascherarla. Questa volta lui voleva che Sydney si
rendesse conto di quanto pericolosa fosse quella missione che stavano per
improvvisare: senza squadra di supporto, senza copertura, senza piano di
back-up... Questa volta rischiavano davvero.
- Vaughn... –
- Simon Walker. Terrorista. Capo di una squadra che lavora direttamente
per il Covenant. Non sanno molto... o almeno, non abbiamo abbastanza tempo
per fare una ricerca approfondita. L’unica cosa che siamo riusciti a
scoprire è che all’incirca nel periodo in cui tu sei... tornata ... lui
era in Francia...Parigi...- fece una pausa – Sydney... è pericoloso. –
- Lo so. –
Non disse nient’altro. Lo sguardo di Sydney era determinato, niente le
avrebbe fatto cambiare idea, in nessun modo l’avrebbe fatta desistere
dall’idea di andare a quell’appuntamento. L’unica cosa che avrebbe potuto
fare era darle il massimo appoggio. E preparare la missione più sicura ed
efficace possibile per il “suo agente”. Sorrise nostalgicamente ripensando
ai vecchi tempi, pensando ai problemi di un’agente e del suo contatto. La
guardò camminare su e giù per la stanza per concentrarsi e prepararsi alla
missione. Lei si spazientiva sempre nell’attesa che le specifiche delle
operazioni venissero messe a punto. Sorrise di nuovo e pensò che anche se
molte cose erano cambiate, nulla era davvero diverso.
***** Los Angeles
****************************************************************
- Agente Bristow... Guardi qui? –
Jack si avvicinò allo schermi del computer. Lauren era entrata nel network
ad accesso ristretto dell’NSC e stava esaminando alcuni scatti satellitari
che risalivano all’incirca al periodo dell’uccisione di Lazaray.
- Questa è Sydney...con Lazaray?!-
- Probabilmente Sydney...voglio dire...Julia lavorava per Lazaray. –
- Questo ci confermerebbe quello che abbiamo visto nel nastro: lui l’ha
chiamata per nome prima che lei lo uccidesse. –
- A questo punto possiamo solo pensare che lei si fosse infiltrata
nell’entourage di Lazaray per ottenere informazioni... o semplicemente
per... –
- Ucciderlo. Ma per chi lavorava Julia?... Agente Reed, riesce ad andare
un po’ più avanti con le riprese. –
- Ho quelle del giorno successivo...guardi –
- Ecco! –
Davanti a loro c’erano numerosi scatti che rappresentavano Julia in
compagnia di Simon in un giardino all’aperto...a Mosca.
- Agente Bristow...pensa che Simon fosse il...contatto di Julia... –
- Se è così... tra qualche ora potremmo persino sapere chi voleva Lazaray
morto... e perchè. –
- Se è così... Michael e Sydney sono in pericolo. –
Cercò con lo sguardo terrorizzato gli occhi di Jack Bristow, ma quando li
trovò, non riuscì a leggervi nessuna emozione. Non poteva credere che
quello era un uomo la cui figlia stava per rischiare la vita: era troppo
tranquillo... o forse era incredibilmente bravo a nascondere le sue
emozioni. Guardò la sua mano cercare velocemente il telefonino nella tasca
della giacca, comporre freneticamente un numero di telefono. Optò per la
seconda soluzione: Jack Bristow era incredibilmente bravo a dissimulare il
suo stato d’animo.
- Tranquilla Agente Reed... li sto avvisando. –
Lauren sorrise con gratitudine... e respirò.
***** Dublino
*******************************************************************
Il locale era incredibilmente affollato e caldo. E la musica era
assordante. Fece passare avanti Sydney e continuò a camminare fino al
tavolo di Simon tenendo la sua mano appoggiata sulla schiena di lei. Con
la coda dell’occhio controllava le possibili vie di fuga: porte, finestre,
uscite posteriori. Non erano fortunati: come tutti i pub irlandesi, anche
quello aveva poche finestre e a parte l’ingresso principale non presentava
altre vie d’uscita. Dovevano stare molto attenti. Percepì Sydney allungare
il passo. Sentì il calore della sua pelle scivolarle da sotto la mano
aperta. La ritirò e la mise in tasca. Vide Sydney avvicinarsi sorridendo a
Simon, gettargli le braccia al collo e imprimergli un bacio appassionato
sulle labbra. Lui la stringeva e le accarezzava i capelli. Dovette
sforzarsi per non tentare di ucciderlo.
- E questo chi è? – Chiese Simon liberandosi dalla stretta di Sydney.
- Lui è Christopher Bourne. Lavora con me. Credevi davvero che fossi
tornata qui da sola? –
- Diciamo che lo speravo. – Disse Simon tornando a perdersi tra i capelli
di lei.
Questo non poteva sopportarlo. Si mise a sedere e urtò di proposito una
pinta rovesciando la birra sul tavolo. Simon si staccò immediatamente da
Sydney e lo guardò di sbieco.
- Ooops! Che sbadato. –
- Ma chi ti sei scelta come socio Julia?-
- Chris è molto efficiente... è un grande esperto di armi e di strategia.
– Tentò di difenderlo Sydney.
- Allora devo supporre che è solo geloso di te. –
- Lui?! Non credo proprio! –
- Allora Walker...dov’è il tuo uomo? Non abbiamo molto tempo. – Cercò d
interrompere quell’alterco amoroso che iniziava a dargli ai nervi.
- Quanta fretta Bourne... Ho detto al mio amico di arrivare verso le
undici, sai, volevo passare un po’ di tempo solo con Julia... E’ molto che
non la vedo. – Sorrise a Sydney che ricambiò. – Ma evidentemente non è
venuta da sola. E va bene, ci rifaremo un’altra volta, vero piccola? –
Sydney per tutta risposta gli stampò un veloce bacio sulle labbra prima di
allontanarsi da lui e tornare a sedersi accanto a Michael. Gli diede
un’occhiata in cerca di conferma e quando lui annuì, tornò a rivolgersi a
Simon. – Come era Parigi? –
- Bella... come sempre. Certo con te era tutta un’altra cosa. –
- Ho dovuto sparire per un po’ di tempo. –
- Lo so... Ma non pensavo che ti mettessi a lavorare per conto tuo.
Credimi, è stata una vera sorpresa vederti ... in compagnia. –
- Una ragazza per bene non può viaggiare da sola. –
Simon rise. – E da quando tu saresti una ragazza per bene? –
- Lo sono sempre stata! – finse di offendersi. Poi scoppiò a ridere. Sentì
Michael darle una stretta di mano da sotto il tavolo. Era il momento:
dovevano rischiare. Stava per iniziare a parlare, ma fu interrotta dal
suono del telefono cellulare di Michael. Lo vide rispondere, annuire, i
suoi occhi cambiare. Lo conosceva abbastanza bene per intuire che
dall’altra parte del capo c’era suo padre, e che le notizie che stavano
ricevendo non erano delle più rassicuranti.
- Tutto bene? –
- Solo qualche problema su una consegna. – Disse Michael rimettendo a
posto il cellulare nella tasca della giacca.
- Ma l’operazione procede. –
- Con più cautele ... ma procede. –
- Chris, se qualcosa sta andando storto...devo saperlo. –
- Julia, niente di grave... Questioni di protocollo. – Le strinse
nuovamente la mano sotto il tavolo. Questa volta non la lasciò andare. E
Sydney non tirò indietro la sua.
- Julia mi diceva che tu sei stato il suo contatto. – Doveva rischiare.
- E’ stato solo una volta, per Mosca... Ti ricordi Julia?-
- Mosca... Lazaray...pover’uomo –
- Già... assassinato dalla sua devota assistente personale – E così
dicendo scoppiò in una fragorosa risata.
Sydney approfittò della sua distrazione per guardare Michael, Cercava nei
suoi occhi una risposta. La trovò: quella era la notizia che avevano
ricevuto da Los Angeles. Ora dovevano tentare di capire chi aveva
commissionato quell’omicidio. E questo sarebbe stato immensamente più
difficile.
- Quella è stata una bella operazione. –
- Già i capi erano stati immensamente contenti della buona riuscita della
missione. –
- E ci hanno guadagnato bene, a quanto pare. –
Il volto di Simon cambiò improvvisamente e si fece scuro. Capì di avere
detto qualcosa di sbagliato. Il gioco d’azzardo era andato troppo oltre e
ora stavano rischiando la vita. Sentì Michael lasciare la sua mano e
portarla verso la pistola. Rimase impassibile. I suoi occhi assunsero il
tono di sfida. Doveva cercare di ribaltare la sorte. Non poteva più
tirarsi indietro.
- E come fai a sapere dei soldi? –
- Credi che tutto questo tempo me ne sia stata in vacanza? –
- Chi ti ha detto dei soldi? –
- Diciamo che ho le mie fonti. –
- E chi è la tua fonte...Avanti Julia, una volta ti fidavi di me, ricordi?
Dicevi che ero l’unico di cui ti potessi davvero fidare...-
- Le cose sono cambiate Simon... Dimentichi che un’agenzia governativa ha
le prove che mi collegano a Lazaray? Dimentichi che mi hanno scaricato? –
Aveva messo tutta la posta sul tavolo. Se la fortuna li avesse
abbandonati, sarebbero morti.
- Mi dispiace che ti abbiano scaricata... E’ questo che vuoi ora, vero?
Vendicarti... –
- Tu che dici? –
- Dico che l’orgoglio ha ucciso tanta gente in gamba. –
- Non ucciderà me... ma qualcun altro –
- Vedo con piacere che la tua autostima non è stata intaccata dal piccolo
tradimento. –
- In questo mondo... mi hanno abituata in fretta al tradimento. – La sua
voce non poté nascondere una nota di amarezza.
- Julia... ti vuoi davvero far ammazzare. Il capo non è così facile da
eliminare. –
- Non ho mai pensato che fosse facile... –
La conversazione venne nuovamente interrotta dal suono di un telefono
cellulare. Questa volta era quello di Simon. Quando chiuse la
comunicazione, guardò i suoi ospiti e disse. – Il mio amico sta arrivando.
Lo vado a prendere fuori dal locale. Scusate. – E si allontanò dal tavolo.
Non appena sparì dalla sua visuale Michael si rivolse a Sydney.
- Ma sei impazzita? –
- Dovevo rischiare –
- Non così tanto Syd, non così tanto. –
- Non abbiamo scoperto niente...a parte il fatto che avevo un capo. –
- Ma abbiamo avuto conferma alle nostre teorie: che Lazaray sia stato
ucciso per i soldi, che il Covenant ti ha scaricata e che grazie allo
scambio di Sark hanno compromesso te e incassato il jack pot. E Simon è il
nostro testimone: tu sei innocente. All’NSC basterà per scagionarti.
Preleviamolo e portiamolo con noi. Verrà interrogato a Los Angeles e ci
dirà quanto ancora ci occorre. –
- Non parlerà in custodia. Dobbiamo farlo parlare adesso. –
- Syd, non insistere, non dirà nulla di più. E qui sta iniziando a
diventare pericoloso per noi. –
- Vaughn...vediamo chi è questo amico. –
- No Syd, senza copertura è troppo pericoloso. Usciamo. Quando lascia il
locale lo seguiamo e lo preleviamo. –
- Dammi solo altri cinque minuti. Se ce ne andiamo senza dire nulla
sospetterà. –
- D’accordo. – Sbuffò. Si guardò intorno preoccupato. Aveva il
presentimento che qualche cosa stesse per succedere. Qualcosa alla quale
erano impreparati. Qualcosa che li avrebbe messi in pericolo. Non appena
identificò l’uomo che era con Simon si morse le labbra: perché i suoi
presentimenti erano sempre giusti? Si voltò verso Sydney e incontrò lo
sguardo di panico di lei.
- Troppo tardi. – Disse a denti stretti stringendole la mano.
- Julia, Signor Bourne, vi presento un mio caro amico, finalmente tornato
tra noi dopo una lunga assenza...dovuta a ...inconvenienti di lavoro. Lui
è il Signor Sark. –
- Molto piacere – Disse Sydney alzandosi e allungando la mano a Sark.
- Onorato – Rispose il ragazzo sfiorando con le labbra la mano di lei. Il
suo sguardo era incredibilmente divertito. Si voltò poi verso Michael. –
Credo che mi sia sfuggito il suo nome. –
- Christopher Bourne. Mr. Sark, giusto? –
- Esatto, molto piacere. – I due uomini si strinsero la mano. Ognuno dei
due si chiedeva quale fosse il gioco dell’altro. Ma solo uno di loro
sapeva con certezza che la sua vita era in pericolo. Michael guardò Sydney
mentre tornavano a sedere. Lei teneva gli occhi fissi nei suoi. Questa
volta aveva davvero azzardato troppo. Si girò per osservare lo sguardo
divertito, compiaciuto e ... diabolico di Sark. Sapeva che quando lui
avesse voluto, gli sarebbe bastata una parola per farli uccidere entrambi.
I suoi pensieri vennero interrotti da Simon che iniziò a baciarla sul
collo, per poi risalire verso la guancia. Quando arrivò all’altezza
dell’orecchio le sussurrò: - Non nominare Lazaray. Questo è suo figlio.
Era in custodia alla CIA Il Covenant ne ha chiesto il rilascio in cambio
delle prove che ti incastravano... per avere la sua eredità. Anche se sa
chi ha ordinato l’omicidio di suo padre, e perché, non credo che gli
farebbe molto piacere sapere di trovarsi davanti all’esecutore materiale
di quel delitto. – Sydney si voltò e baciò Simon, un modo per fargli
capire che aveva compreso la situazione e che avrebbe seguito il
consiglio.
Sark non poté trattenersi: - Simon...non è molto educato divorare la tua
ragazza davanti al suo socio... Potrebbe restarci male –
- Non è geloso – Rise Simon.
- Già, ma scommetto che non è così innocuo come vuole farci credere. –
- Di questo ne può essere sicuro... Signor Sark. – rispose seccamente
Michael - E ora parliamo d’affari, siamo venuti fino a qui per questo
dopotutto. -
- Bene, se voi parlate d’affari, io vado a fare una partita a freccette...
Non starò in Irlanda ancora per molto... Devo godermi ogni piccola usanza.
– Così dicendo, Simon fece un leggero inchino, afferrò la sua birra e si
allontanò dal tavolo.
Non appena fu abbastanza lontano per sentirli o vederli, i tre cambiarono
subito espressione.
- Che gioco stai facendo Sark? –
- Sydney, ti confesso che sono un po’ confuso... Prima sei morta, poi sei
viva, ora sei Julia... E io che credevo di avere una vita complicata. –
- Molto presto non avrai nemmeno più una vita, se non ci dici a che gioco
stiamo giocando! –
- Agente Vaughn... non è nella posizione per minacciarmi... mi bastano
solo due parole per farvi uccidere entrambi.... Certo, non sono sicuro che
Syd morirà...pare che abbia...doti...nascoste –
- Basta scherzare: cosa vuoi? –
- Quello che volete voi... Voglio sapere che ha ordinato l’assassinio di
mio padre.-
- Ci mettiamo a fare i sentimentali adesso? –
- Niente sentimentalismi. Quell’uomo non è mai stato un padre per me...Da
vivo non mi ha mai dato niente. Da morto vale molto denaro. Voglio quello
che mi spetta. –
- Quando dicevi niente sentimentalismi... dicevi sul serio. Vuoi trovare
chi si è preso i soldi di tuo padre? –
- E tu vuoi trovare chi ti ha ordinato di ucciderlo...vero Julia? –
- Come lo sai? –
- Cosa? Che sei stata tu?... Certe fonti... Ma non ti dirò di più. Sapevo
che eri stata tu, sapevo che tu eri Julia... Ora quello che cerco è nella
tua testa... E’ ora di ricordare Sydney... – Estrasse un pistola, ma
Michael fu più veloce: afferrò Sydney e sparando si fece largo verso
l’uscita. Quando furono in strada corsero a perdifiato per i vicoli e
trovarono riparo in un vecchio edificio abbandonato lungo il fiume. Sark
non sarebbe riuscito a vederli, ma ora la vita di Sydeny era davvero in
pericolo. Dovevano tornare a Los Angeles... e in fretta. La guardò. I suoi
occhi bassi non si scollavano dalle assi di legno ammuffito. Le prese una
mano. Era gelida.
- Non è colpa tua. Ti porterò fuori di qui. Andrà tutto bene. –
- Non mi ucciderà, gli servo viva... Ma se trova te... –
- Non ci farà del male, non ci troverà... Torneremo a Los Angeles. –
Strinse la sua mano e la sentì tornare tiepida.
Quando il rumore di passi nella strada si fu totalmente dileguato,
uscirono. La via era deserta. Si diressero verso il centro della città e
fermarono il primo taxi che incrociarono.
- All’aeroporto. –
Mentre erano in viaggio verso la periferia della città, contattarono Jack.
Una squadra li avrebbe aspettati alle partenze.
***** Los Angeles – Safe House
****************************************************
Vederla dormire era un privilegio raro. Si rammaricò di avervi rinunciato
per sempre. Eppure quella notte il destino gli aveva concesso una rara
opportunità: quella di potere riportare indietro il tempo. Anche se solo
per qualche ora.
Sydney si rigirava lentamente nel letto: la tensione della notte a
Dublino, la paura, le implicazioni di quello che avevano scoperto
l’avevano stancata immensamente. E ora, finalmente, riposava. Lui non
sentiva il sonno che pure gli pesava sulle palpebre. L’unica cosa che
voleva era stare seduto su quella poltrona ai piedi del suo letto... e
guardarla dormire. Guardare i suoi occhi inseguire freneticamente i suoi
sogni sotto le palpebre abbassate, guardare le sue braccia aggrapparsi al
cuscino... desiderare di essere accanto a lei, di sentire il peso della
sua testa sulla sua spalla, i suoi capelli morbidi sul suo viso...
Regolare il respiro con il suo per non svegliarla... Stringerla...ancora
una volta... avrebbe dato il mondo per poterlo fare ancora...
Jack Bristow entrò con passo svelto. Appena lo vide Sydney gli corse
incontro e lo abbracciò.
- Sto bene – disse anticipando la domanda di suo padre. – Stiamo bene. –
Guardò Michael seduto al tavolo alle sue spalle.
- In questo momento l’Agente Reed sta parlando con i suoi superiori.
Stanno facendo cadere le accuse contro di te. Abbiamo recuperato Simon
Walker grazie alla vostra segnalazione. Una nostra squadra l’ha
interrogato sul posto. –
- Vi ha detto qualcosa? Sa chi è stato a ... –
- Ci ha fatto il nome del membro del Covenant che ha ordinato l’assassinio
di Lazaray... Ma lui ti ha sempre conosciuta come Julia... Ti
scagioneranno, ma questo non ci dirà chi ti ha rapita...né cosa ti hanno
fatto. –
- Ma quell’uomo... quello che ha ordinato quell’omicidio...lui potrebbe
sapere qualcosa... –
- Sydney... quell’uomo... è stato trovato morto... nella sua villa di
Howth. –
- Sark... – Si girò e guardò nuovamente Michael. I suoi occhi erano bassi.
Sydney era libera, ma non sapevano cosa le fosse successo... e iniziava a
chiedersi se sarebbero mai riusciti a scoprirlo. Alzò lo sguardo fino a
incrociare quello di Sydney. E non lo lasciò andare per molto tempo.
***
Finalmente era di nuovo a casa. La sua nuova casa. Certo, c’era ancora
molto da fare prima che potesse sentirla realmente “sua”. Si guardò
intorno: il salotto non era molto ampio. Ospitava un comodo divano, un
tavolino da caffè adagiato sopra un morbido tappeto, una poltrona in
vimini intrecciato davanti alla porta finestra, e una grande libreria. Si
diresse davanti all’ampia vetrata che dava sulla veranda. Da lì poteva
vedere l’Oceano. Il motivo per cui aveva scelto quell’appartamento:
potersi addormentare al suono delle onde, svegliarsi con le strida dei
gabbiani... e se la notte non riusciva ad addormentarsi, avrebbe potuto
passeggiare sulla spiaggia e sedersi a guardare le stelle... a chiedere
loro perchè la sua vita non poteva essere diversa...più semplice... e
semplicemente più felice. Si scosse dai suoi pensieri. Aveva molto lavoro
da fare: appendere le stampe alle pareti e sistemare i libri nella
libreria. Aveva riacquistato pazientemente tutti i libri che più amava e
ora li stava adagiando in ordine perfetto sullo scaffale in legno
massiccio... Ebbe come la sensazione che qualcuno la stesse osservando, si
girò verso la portafinestra che dava sulla veranda: Vaughn le fece cenno
di aprirgli. Gli andò incontro, appoggiò il libro che aveva in mano sulla
poltrona e aprì.
- Ciao – disse, arretrando per lasciarlo entrare.
- Ciao – rispose lui entrando e guardandosi intorno.
Vedendolo girare per la stanza con un’espressione curiosa e imbarazzata
allo stesso tempo, Sydney non poté fare a meno di ricordare la prima volta
in cui lui era andato a prenderla al suo vecchio appartamento, la prima
volta che entrava nella sua casa, la prima volta che entrava a far parte
della sua vita... Ma era passato molto tempo da allora. Il fuoco aveva
bruciato la sua casa, i suoi ricordi... e quei giorni ora non erano altro
che cenere...
- Così questa è la tua nuova casa? – Era visibilmente imbarazzato. Anche
lui ricordava quel giorno... non avrebbe voluto, ma non poté fare a meno
di desiderare che le cose fossero state ancora come allora.
- Già – Rispose Sydney sorridendo e andando verso il punto in cui si
trovava lui.
- E’ bella... e la vista è meravigliosa. – Così dicendo si diresse
nuovamente verso la porta finestra e guardò il mare...il sole che
scintillava sull’azzurro dell’acqua.
- E’ vero. – Sydney ora era al suo fianco, lo sguardo di lei andava nella
stessa direzione del suo... e anche i loro pensieri, poteva scommetterci,
seguivano la stessa onda... il mare... il loro week-end al mare... non era
mai avvenuto... non almeno nella realtà, ma entrambi continuavano a
chiedersi come sarebbe stato...
- E’ bello – disse semplicemente. Ma non si riferiva solo all’Oceano...
- Già – Quell’istante era forse uno dei migliori che avesse mai avuto...
Restarono in silenzio ancora per molto tempo. Non capivano cosa stesse
succedendo. Erano vicini, vicini come non lo erano mai stati da quando lei
era tornata, eppure sentivano che non avrebbero dovuto, che non era più
tempo per loro, che la loro vita era diversa, che loro erano diversi... Ma
tutte queste giustificazioni non cambiavano la verità delle cose: quello
che avrebbero davvero desiderato era fermare il tempo, cristallizzarlo in
quell’istante perfetto...loro due, insieme...nel silenzio...
Di nuovo si resero conto che anche se tutto era cambiato, nulla era
diverso, non almeno quello che provavano l’uno per l’altra.
- Perché sei qui? –Fu Sydney a rompere l’incantesimo.
Michael non rispose. Si limitò a passarle la scatola che aveva tenuto in
mano per tutto quel tempo. Lei non l’aveva nemmeno notata. La prese e andò
ad appoggiarla sul tavolino davanti al divano.
- Non aprirla adesso – La fermò.
- Cos’è tutto questo mistero Vaughn? Cosa c’è dentro questa scatola? –
Chiese divertita e incuriosita.
Il volto di lui rimase serio...i suoi occhi tristi. – Alcune cose... che
avevo... –
Improvvisamente capì. Erano cose che appartenevano a loro. Al loro
passato.
- Ho pensato...io le ho tenute per tutto questo tempo... e tu...hai perso
quello che...insomma, magari...le vuoi tenere tu...per un po’... sono
anche tue... –
Lo guardò e un sorriso dolce e amaro illuminò il suo volto. Non aveva più
nulla della sua vita passata: il fuoco aveva bruciato tutti i suoi
ricordi. Era grata a Michael per averle riportato oggetti appartenenti a
quel tempo che sembrava così lontano, ma nello stesso tempo sentiva il suo
cuore esplodere: forse lui voleva davvero liberarsi delle uniche cose che
ancora li univano: i ricordi.
- Grazie –
- Adesso vado...così la apri. –
- Ciao –
- Ciao –
Nessuno si mosse. Si guardavano fissamente negli occhi senza riuscire a
distogliere lo sguardo.
- Ciao – ripeté.
- Ciao. – sorrise. Michael rispose al sorriso e uscì.
Lo seguì con lo sguardo mentre si allontanava. Poi tornò a guardare la
scatola.
Non sarebbe stato facile aprirla. Tuffarsi in quei ricordi. Ricordi che
avrebbe voluto non avere. Più erano belli, più facevano male. Si fece
coraggio e sollevò il coperchio.
Sorrise guardando quelle foto: il parco dell’Osservatorio, la stadio, il
Molo... Si rivide felice, rivide nei suoi occhi la luce e la
spensieratezza che li avevano abbandonati. Sentì una lacrima scorrerle
sulla guancia mentre la sua mano stringeva nervosamente una foto di lei e
Michael abbracciati, felici... il loro occhi splendenti, le loro mani
intrecciate...Non avevano paura di niente, perché niente avrebbe potuto
toccarli finché erano insieme... e loro sarebbero stati sempre insieme. Se
solo avessero saputo...ma non potevano sapere, non avrebbero potuto
immaginare che il destino, dopo quella breve parentesi di felicità, gli
avrebbe riservato il colpo fatale.
Per la prima volta, guardando quelle foto si rese conto che lei e Michael
erano davvero innamorati, che credevano davvero in ciò che avevano lottato
tanto per costruire...Lui la amava...
La luna era già alta nel cielo. Il suo chiarore era pallido eppure
sufficiente per nascondere l’abbagliante luce delle stelle. Il mare era
piatto. L’aria ferma. Era il silenzio.
Nella casa sulla spiaggia solo una finestra al piano terreno era
illuminata dalla soffice luce di una candela. E nella penombra brillavano
migliaia di stelline multicolore.
Sydney era ancora su quel divano. La scatola ancora aperta sulle sue
ginocchia incrociate. Le foto sparpagliate sul tavolino da caffè. I suoi
occhi persi nella piccola galassia che le sue mani tremanti stringevano
con forza. Il suo cuore era immobile. Nella sua mente la gelida disarmante
certezza che le cose avrebbero potuto essere diverse... davvero diverse...
Chiuse gli occhi per un istante, come per voler cancellare l’immagine di
ciò che stavano fissando oramai da qualche ora. Ma fu tutto inutile.
Quando li riaprì, l’anello era ancora stretto tra le sue dita.
POST-FAZIONE
DELL'AUTRICE
Finalmente ho terminato questo
racconto. E’ stata dura anche perché continuavo a trovare spoiler che mi
scoraggiavano... sapete di cosa sto parlando. Dunque la mia scelta:
rimaneggiare le notizie e scrivere il mio racconto seguendo la mia
fantasia. Spero che vi piaccia e sopratutto spero che non restiate delusi
dalla mancanza di un lieto fine. Date tempo al tempo...la terza parte è
già in cantiere!
E ora le dediche... Come sempre voglio dedicare questa fanfiction alla mia
famigliola virtuale... E in particolar modo vorrei ringraziare Antonio The
Boss per il sostegno!
Un grazie speciale a Leo, che come sempre legge e rilegge le mie bozze e
mi dà consigli preziosissimi.
Grazie per aver letto anche questo racconto...E se volete fatemi sapere
cosa ne pensate...Vi lascio la mia mail:
neverin00@hotmail.com. |