NOTE SUI PRINCIPI DI ADATTAMENTO
In esclusiva per il sito IL MONDO DEI DOPPIATORI, uno speciale sui principi da seguire per l'adattamento italiano di un film, scritto dal doppiatore e dialoghista Nicola Marcucci.
Come i
grandi adattatori di cinema insegnano adattare non significa tradurre
letteralmente il testo di un film.
Le battute tradotte devono innanzitutto rispettare i ritmi e i tempi di
recitazione e, nell’ambito del possibile, i movimenti della bocca. Per fare
un esempio banale, la battuta “Please, wash softly my back”
letteralmente sarebbe “Per favore, lavami dolcemente la schiena”; ma
schiena non ha lo stesso movimento labiale di back, che prevede una labiale
e una vocale aperta. Una soluzione potrebbe essere: “Accarezzami la
schiena con le mani”. La soppressione di “Per favore” mantiene la
lunghezza della battuta corrispondente a quella originale; il movimento
labiale di “mani” copre perfettamente “back”, avendo anch’esso una labiale e
una vocale aperta. La conseguente azione del personaggio cui è rivolta la
richiesta giustificherà la battuta in italiano.
L’adattatore deve inoltre risolvere altri problemi rappresentati da:
Battute che contengono modi di dire intraducibili letteralmente: sarebbe come tradurre letteralmente in inglese la nostra espressione “è un altro paio di maniche”, che non avrebbe alcun senso; gli anglosassoni usano l’espressione “è un’altra categoria di pesci”, altrettanto incomprensibile per noi; un altro esempio è il modo di dire “la goccia che fa traboccare il vaso” per il quali gli inglesi usano “la paglia che spezza la schiena all’asino”; dunque la battuta “that’s the last straw” diventa “questa è l’ultima goccia”: che senso avrebbe tradurla letteralmente con “questa è l’ultima paglia”?
Battute che si riferiscono a tradizioni o fatti noti nel paese d’origine, ma sconosciuti da noi: gli americani chiamano, per esempio, “white trash” i barboni di razza bianca, e “wasp” gli individui di ceto elevato; traducendo letteralmente dovremmo chiamare “spazzatura bianca” i primi e “vespe” i secondi. Ancora un esempio: in una sit-com un personaggio rivolgendosi a una megera dice: “So dove abiti, in una casa costruita su tua sorella”. La battuta si riferisce al film “Scarpette rosse”, conosciutissimo in America perché trasmesso dalle TV ogni Natale: nella storia una strega cattiva intrappola la sorella buona costruendoci sopra la propria casa; con la battuta, dunque il personaggio dà della strega alla megera. Noi dovremmo tradurre meglio con “So dove abiti, in una casa col tetto di cioccolato”: il riferimento alla fiaba di Hansel e Gretel è più comprensibile.
Battute che si riferiscono a personaggi locali o altro: avrebbe senso tradurre letteralmente battute come “Quando parli mi sembri McPherson” o “Sei vestito tipo Arlington Road”? Ci si riferisce a un predicatore televisivo e a una soap opera: è evidente che bisognerà inventarsi qualcos’altro. Che dire poi della battuta “Check rain”? Letteralmente sarebbe “Controllo pioggia”, ma si riferisce a una clausola dei contratti assicurativi, una specie di impegno sospeso. Gli americani usano la locuzione per dire “Promesso, lo farò”. Allo stesso modo per dire “Aggiornami” o “Raccontami tutto” dicono “Dammi il 4-1-1”: 4-1-1 è il numero del servizio telefonico cui ci si collega in America per sentire le ultime notizie. Sarebbe ridicolo lasciare così la battuta in italiano.
Battute di spirito non corrispondenti al nostro umorismo: per fare solo un esempio nella cultura inglese non c’è niente di più noioso e tetragono della Germania. Per loro “Germania” è sinonimo di noia mortale. Per questo motivo, in un film, un comico, durante uno spettacolo, dice: “La felicità è noiosa come una lunga strada diritta da cui vedi solo la Germania”. Lasciando così la battuta lo spettatore italiano non comprenderebbe di che rida il pubblico sulla scena.
In definitiva, l’adattatore deve rendere non solo il senso delle battute, ma deve rispettare soprattutto lo spirito generale del film e dei personaggi. Come si dice in gergo, bisogna che le battute arrivino. In virtù di questo dovere a volte l’adattatore si assume la responsabilità di licenze creative assolutamente efficaci per il suo compito. Nel film “Il mistero del falco”, per esempio, un poliziotto, appoggiandogli una mano sulla spalla, dice ad Humphrey Bogart: “Se voglio entro in casa tua quando mi pare”. Bogart risponde lentamente “Non lo farai senza un mandato”. L’adattatore tradusse con “Levami le mani di dosso”; certo non rispettò il significato letterale della battuta, ma il carattere energico e inflessibile del personaggio interpretato da Bogart apparve più nitido. Per “Arancia meccanica”, poi, l’adattatore inventò totalmente un linguaggio giovanile (con termini come “cinebrivido”, “drugo” e “spačka”) che contribuì moltissimo al successo del film. I cinefili forse ricorderanno un gustoso film di Richard Lester degli anni ’60 intitolato “Non tutti ce l’hanno”; la storia era incentrata sulla ricerca di qualcosa di indefinito chiamato “il pitipanzio”: ancora un’invenzione dell’adattatore.
© 2004
Antonio Genna
- IL MONDO DEI DOPPIATORI
E' consigliata una risoluzione
1024 x 768
con Microsoft Internet Explorer versione 5 o superiore
E' vietato inserire in altre pagine il materiale presente
in questo sito senza autorizzazione!