ALIAS Italia

ALIAS ITALIA

FANFICTION

Scritto da Chiara
Riassunto: Da quando Sydney era tornata si era accorta che molte cose erano cambiate in due anni, forse troppe. Ormai l’unica possibilità che aveva per ricominciare a vivere era sparire nuovamente e questa volta per sempre…

Data di composizione: dal 27 ottobre al 9 novembre 2003
Adatto a: tutti
Ambientato: Ipotetico inizio della 3^ stagione. Contiene spoiler!

DISCLAIMER
Si ricorda che tutti i diritti del racconto sono di proprietà del sito "Alias Italia – il dossier Sydney Bristow", e che tutti i personaggi della serie "ALIAS" utilizzati sono di proprietà ABC, Bad Robot – Touchstone Television e sono utilizzati senza il permesso degli autori e non a fini di lucro. I personaggi nuovi sono di proprietà dell'autrice.

L'amore prima di tutto

L’ex agente Vaughn era di fronte a quella porta chiusa ormai da parecchi minuti e anche se si accorse che gli tremavano le mani si decise finalmente a girare la chiave nella serratura e a varcare la soglia: il suo ultimo pensiero prima di entrare fu :”ti prego Signore fa’ che sia lei…”
Non appena la porta si aprì e Sydney scorse nella penombra i lineamenti di Michael, tutto lo smarrimento e la confusione che l’avevano accompagnata in quelle ore d’attesa svanirono, c’erano solo loro due e questa era l’unica certezza a cui aveva intenzione di aggrapparsi.
Certo, c’erano evidentemente alcune domande a cui bisognava dare una risposta, come ad esempio il motivo per cui si era svegliata nel mezzo della notte in una strada buia di Hong Kong sentendosi estremamente disorientata, oppure quelle cicatrici che le devastavano il ventre e di cui lei non aveva il benché minimo ricordo, ma per quello c’era senz’altro tempo, ora voleva solamente perdersi nello sguardo di Michael e sciogliersi nel suo caldo abbraccio, oddio ma quanto amava quel ragazzo? Non riuscì a darsi una risposta perché Vaughn interruppe i suoi pensieri:
-Syd…
Riportata alla realtà dal suono della voce di Michael capì subito che c’era qualcosa di strano nei suoi occhi che prima non aveva notato, e forse ancor di più nel tono che aveva usato per chiamarla, che sembrava un misto di gioia e incredulità nello stesso tempo.
Forse la cosa era più seria di quanto pensasse, ma Sydney per il momento non volle dar peso ai suoi dubbi e corse verso il suo angelo custode gettandogli le braccia al collo.
Il contatto con il corpo di Sydney provocò in Michael una tale emozione che dovette appoggiarsi allo stipite della porta per non cadere a terra.
Quante volte aveva sperato di poter vivere quel momento? Aprire una porta e trovarsela davanti, bella più che mai, la sua compagna di lavoro, la sua compagna di vita… nei due anni che erano trascorsi dalla tragica notte dell’incendio si potevano contare sulla punta delle dita le volte in cui non si era svegliato nel mezzo della notte, madido di sudore, gridando il suo nome: SYDNEY.
Ma Sydney non c’era più, era morta, gliel’avevano ammazzata e il dolore che aveva provato era stato talmente forte e devastante che si era visto costretto ad abbandonare il suo lavoro e i suoi compagni, perché tutto gli ricordava lei e invece voleva dimenticarla, doveva dimenticarla, se almeno lui voleva sopravvivere.
Gli era sembrata la scelta giusta, aveva smesso di essere un agente della CIA e si era dato all’insegnamento, aveva scelto una vita normale, se normale poteva essere vivere nel ricordo della persona che si amava.
Ma adesso lui era lì e c’era anche lei, così impaurita, così confusa e così bella da togliere il fiato e non era più sicuro della scelta che aveva fatto. Come avrebbe fatto a spiegarle la verità? Come avrebbe fatto a raccontarle di Lauren?
Lauren…. da quando era salito sull’aereo che da Los Angeles l’avrebbe portato a Hong Kong era la prima volta che pensava a lei, a Lauren, a sua moglie…Questa volta fu Sydney ad interrompere i pensieri di Vaughn:
-Come stanno Will e Francie?
-Will sta bene…ma tu…
-Michael, cosa c’è?
-Tu…sei morta, tu…eri morta, da due anni…Syd, dove sei stata?
-Vaughn che stai dicendo, è uno scherzo, cosa vuol dire che sono morta da due anni, mi vuoi spiegare?
-Io…
Michael si interruppe immediatamente, non era il momento adatto, avrebbe avuto tutto il tempo per raccontarle cosa era successo nei due anni in cui lei era scomparsa e in cui tutti l’avevano creduta morta, magari avrebbero potuto parlare durante il volo di ritorno a Los Angeles oppure in qualsiasi altro momento ma non ora, ora voleva solamente gustarsi il momento di poterla stringere ancora tra le braccia e non avrebbe permesso a niente e a nessuno di rovinargli quegli attimi di pura felicità.
Le sfiorò delicatamente il volto con le dita, prima la fronte, poi il naso e la bocca e mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime cercò un contatto maggiore, come se dovesse convincere se stesso che non si trattava di un sogno ma che era tutto reale….
Fu un attimo, lui le accarezzò il viso dolcemente e Sydney percepì subito il freddo del metallo sul suo viso….un anello? Strano, Michael non porta anelli, ma un momento, non si tratta di un anello qualsiasi, è una fede…fede, matrimonio, invitati, riso, confetti…. e se si erano sposati com’era possibile che lei non ricordasse nulla della cerimonia e soprattutto perché lei non indossava la vera nuziale? La risposta era una sola e non tardò ad arrivare alla mente di Sydney: evidentemente Michael era sì sposato, ma non con lei! La stanza cominciò a girare talmente forte che Sydney non poté fare altro che avvicinarsi al letto per sedersi, ma anche il letto si muoveva insieme a tutto il resto ed infatti lo mancò e finì rovinosamente sul pavimento.
Le veniva da rimettere e solo la rabbia che le stava montando dentro le permise di rialzarsi. Continuava a non capire esattamente cosa stesse succedendo, ma per il momento le bastava avere la certezza che la sua vita era stata distrutta per la seconda volta, mille pensieri le vorticavano nella testa, morta, da due anni, dove era stata in tutto questo tempo, eppure l’unica cosa a cui riusciva a pensare era che evidentemente Michael nel frattempo si era rifatto una vita senza di lei…Ad un tratto non si sentiva più né stanca, né confusa o spaventata, ma solamente arrabbiata, anzi furiosa, e come un animale che reagisce ad un attacco si girò e si scagliò letteralmente su Vaughn che nel frattempo si era chinato per aiutarla a rialzarsi. La lotta durò poco perché Sydney, evidentemente provata da tutto quello che le era successo in quelle poche ore, cadde a terra priva di conoscenza.
Aprì gli occhi solo molte ore dopo, e le venne quasi da sorridere all’idea che per la seconda volta nel giro di poco tempo si svegliava in un posto che non sapeva come aveva fatto a raggiungere, sola, con un gran mal di testa e completamente ignara di quello che le stava succedendo, ma almeno questa volta si trovava in un letto, avvolta in lenzuola pulite e profumate.
Si guardò attorno e capì subito che doveva trovarsi in una stanza d’ospedale e prima ancora che il suo cervello potesse mettersi in moto, con suo grande sollievo la porta della stanza si aprì ed entro Weiss.
Weiss, finalmente un amico, ma era anche il collega di Vaughn, già Vaughn, Vaughn che si era sposato con un’altra, ma decise che per il momento non doveva pensare a lui e cancellò il viso di Michael dalla sua mente.
- Ehi, ben tornata, è finita la vacanza?
Eric Weiss riusciva sempre a trovare qualcosa da dire per sdrammatizzare e quella era, in quel preciso momento e a parere di Sydney, una vera fortuna.
-Ehi ciao Weiss, quando esco da qui?
-Adesso, sono venuto a prenderti, ti stanno aspettando tutti.
-Sono veramente sparita per due anni, mi avete creduta morta?
-Sydney, siamo stati al tuo funerale, è stato tremendo, ma non preoccuparti avremo tempo di parlare di tutto e comunque se avevi bisogno di prenderti qualche giorno di ferie bastava dirlo!
Sydney non trattenne un sorriso, il secondo in pochi minuti, e non poté fare a meno di pensare: “Beh, sto migliorando”.
-Weiss, devo farvi un sacco di domande, cosa mi è successo? Non riesco a capirci più niente, io l’ultima cosa che ricordo è che ho lottato a casa mia con il duplicato di Francie e poi…poi il risveglio ad Hong Kong.
-Tu devi fare delle domande a noi? Credo che sarai tu a doverti sorbire tutte le domande di Kendall, ma ora muoviti, altrimenti ti lascio qui anche stanotte.
-Ok, dammi cinque minuti e sarò pronta.
Un’ora dopo Weiss e Sydney arrivarono alla CIA, e quando varcarono la soglia dell’Agenzia Sydney si sentì di colpo a casa, era una sensazione strana, aveva sempre pensato che sarebbe stata felice di non dover più tornare in quel luogo, perché avrebbe voluto dire che era tutto finito, che avevano finalmente vinto, che l’SD6 era stata definitivamente sconfitta e invece ora le sembrava l’unico posto veramente famigliare e non poté fare a meno di pensare: “casa dolce casa…”.
Erano tutti lì ad aspettarla, visibilmente emozionati e con gli occhi lucidi, e dopo un attimo era attorniata non soltanto dai suoi colleghi ma da quelli che erano diventati, dopo anni di lavoro fianco a fianco, anche i suoi amici: Marshall, Dixon, Weiss e perfino Kendall le sembrava emozionato e contento di vederla.
Non ebbe subito modo di rendersi conto che all’appello mancavano due persone importanti e che al loro posto ce n’era un’altra che non aveva mai visto prima: mancava suo padre, mancava Vaughn e in fondo alla stanza, leggermente in disparte rispetto agli altri, c’era una giovane donna bionda, probabilmente una nuova recluta pensò Sydney.
Dopo i primi saluti, gli abbracci e le lacrime, Kendall riassunse il suo classico tono burbero e la invitò ad andare nel suo ufficio e Sydney capì che era arrivato il momento della verità, o almeno così sperava.
Purtroppo non ricevette da Kendall le notizie che si aspettava, anzi capì che anche la CIA stava procedendo a tentoni.
Ma com’era possibile che un agente sparisse per due anni senza lasciare tracce?
Kendall le raccontò dell’incendio alla casa, del cadavere carbonizzato, dell’esame del DNA che confermava che il corpo devastato dalle fiamme apparteneva a lei.
Più che per chiarire, quell’incontro sembrava destinato a rendere ancora tutto più confuso, le poche certezze che le erano rimaste le si stavano frantumando tra le mani, non bastava che fosse scomparsa nel nulla per due anni e nessuno sapesse che fine aveva fatto, no, Kendall l’aveva anche informata che Vaughn aveva dato le dimissioni e che suo padre era stato rinchiuso in un carcere federale, senza naturalmente tralasciare che Sloane, in seguito a diverse collaborazioni con la CIA, si era guadagnato l’immunità ed ora era a tutti gli effetti un libero cittadino e che lei sarebbe stata assegnata ad un’agente dell’NSC che si era occupata del suo caso.
-Quella giovane donna bionda che ho visto poco fa?
-Esatto agente Bristow, l’agente Reed è una donna molto in gamba, vi troverete bene a lavorare insieme.
-D’accordo, allora se per il momento è tutto andrei a presentarmi al mio nuovo supervisore.
-Veramente ci sarebbe un’altra cosa…ma non sono sicuro…
-Di cosa si tratta? Per oggi credo di aver sopportato abbastanza.
-No… veramente so che non dovrei essere io ad informala di questa faccenda, ma vorrei evitare qualsiasi tipo di problema tra lei e Lauren Reed.
-Allora?
-Lauren Reed, oltre ad essere l’agente dell’NSC a lei assegnato è anche… la moglie dell’ex agente Vaughn!
All’improvviso le tornò quel senso di nausea, ma si fece forza, in fin dei conti era stata addestrata per anni a soffocare le proprie emozioni. Si alzò semplicemente in piedi, con una calma che stupì perfino se stessa.
-Capisco il suo interessamento, ma non si preoccupi, non ci saranno problemi di alcun genere. E ora se posso andare…
-A domani Sydney, e si riposi, so che oggi per lei è stata una giornata molto dura.
-E per la visita a mio padre?
-Vedrò cosa posso fare, ora vada.
-Grazie! A domani.
Mentre usciva dalla stanza di Kendall l’ultima cosa di cui aveva voglia era imbattersi in quella Lauren Reed, l’imbarazzo delle presentazioni l’avrebbe volentieri lasciato al giorno dopo.
Fortunatamente gli uffici erano deserti e per un momento si sentì sollevata.
Quando uscì in strada era ormai notte fonda e sentì il bisogno impellente di rifugiarsi in un posto sicuro che le ricordasse momenti piacevoli, si perché anche all’Agenzia non aveva ricevuto che brutte notizie, e come se non bastasse avrebbe anche dovuto collaborare con la mogliettina di Michael!
No, questo era troppo anche per l’agente Sydney Bristow, aveva assolutamente bisogno di un posto dove raccogliere i pensieri e anche se Weiss le aveva offerto ospitalità a casa sua (certo, come dimenticare che non aveva più neanche una casa) Sydney preferì passare prima nell’unico posto che le ricordava dei momenti felici: il palazzo del ghiaccio dove lei e Vaughn avevano trascorso dei pomeriggi indimenticabili a rincorrersi sui pattini come due ragazzini.
Immersa com’era nei suoi pensieri non si rese conto di essere arrivata davanti all’ingresso del palazzetto e non le sembrò neanche strano che la porta fosse aperta a quell’ora così tarda.
Era come in trance, si sentiva affranta e terribilmente sola, come avrebbe fatto a rimettere insieme i pezzi della sua vita?
Perché era andata al campo da hockey, perché si ostinava a farsi del male, perché, perché? Non aveva più risposte da darsi.
Ad un tratto le luci sulla pista del ghiaccio si accesero e si sentì chiamare:
-Syd…
Non aveva bisogno di girarsi per sapere chi c’era alle sue spalle, ma aveva bisogno di guardare i suoi occhi, voleva delle risposte e le voleva subito.
Michael Vaughn era l’ultima persona che aveva bisogno di vedere oppure era l’unica di cui aveva veramente bisogno? Fino ad allora era stato il solo a cui lei aveva potuto raccontare tutto, era stato il suo contatto, l’unico con cui era stata assolutamente sincera, era stato un amico, un confidente, era stato il suo uomo, e ora? Sussultò nel darsi l’unica risposta possibile: ormai non era più niente, neanche più un collega, perché lui aveva deciso di mollare.
-Cosa ci fai tu qui?
-Credo di conoscerti abbastanza bene Sydney, sapevo che avresti avuto bisogno di rimanere sola dopo una giornata così intensa e sapevo che avresti pensato al campo da hockey, è lo stesso posto dove mi sono rifugiato io il giorno del tuo funerale, dopo la cerimonia. Come vedi non siamo molto diversi.
-Sei quasi commovente Michael e comunque ho i miei dubbi sul fatto di essere simili.
-Cosa vuoi dire!?
-Io non avrei mai smesso di cercarti, non ti avrei abbandonato, TU SI!
-Sydeny, ho controllato personalmente i risultati dell’esame del DNA, quel cadavere eri tu.
-Evidentemente no, visto che sono qui. Dovevi avere fiducia in me e invece hai preferito scappare.
-Non sono scappato, ho solo scelto di sopravvivere.
-Hai abbandonato la CIA, hai lasciato che mio padre fosse rinchiuso in una cella, hai scelto la strada più facile e hai deciso di rifarti una vita!
-Una vita? Cosa ne sai tu di come è stata la mia vita in questi due anni? Cosa ne sai di quello che ho passato? Una parte di me se ne è andata in quel maledetto incendio, è stato un inferno!
-Non deve essere stato un periodo tanto terribile visto che hai anche trovato il tempo di sposarti.
-E’ questo il problema?
-Mi chiedi se è questo il problema? Ti rendi conto che ho dovuto sapere da Kendall che l’agente dell’NSC che mi affiancherà è anche tua moglie? Come credi che mi sia sentita?
-Lauren è una brava persona e svolge in maniera professionale il suo lavoro.
-Sì certo, e scommetto che è anche un’ottima cuoca!
-Sydney!
-Senti, non so cosa sei venuto a fare qui e francamente non mi interessa.
-Dovevo vederti, volevo vederti…
-Per dirmi cosa, che mi troverò bene a lavorare con tua moglie?
-No, per dirti che il giorno che ti ho rivista in quella stanza ad Hong Kong è stato il giorno più bello della mia vita.
-Francamente me ne infischio Vaughn, in questo momento credo di avere dei problemi un po’ più seri che stare ad ascoltare le tue confessioni, devo trovare il modo di vedere mio padre, devo trovare il modo di capire…
-Syd, mi dispiace…
-E di che cosa? Sei stato chiaro, io ero morta e mi hai semplicemente rimpiazzata, in fin dei conti non ci eravamo fatti promesse eterne.
-Che vuoi dire?
-Non mi hai mai detto quello che provavi veramente.
-Lo sai benissimo quello che provavo.
-Te l’ho già detto una volta e te lo ripeto: io le cose voglio sentirmele dire.
-Adesso?
-No, hai ragione, ora non ha più importanza, niente ha più importanza…
Sydney si girò di scatto perché non riusciva più a trattenere le lacrime e non voleva assolutamente far vedere a Vaughn la sua sofferenza, non avrebbe più permesso a nessuno di ferirla, tanto meno a lui.
-Me ne vado, salutami tua moglie Lauren.
-Sydney aspetta, vuoi sentirtelo dire? D’accordo, io ti amavo!
Sydney si voltò, tremava come una foglia e sperava che Michael non se ne accorgesse, le ronzavano le orecchie e non era sicura di aver sentito bene.
-Ti amavo, anzi no, ti amo, ti amo ancora, non ho mai smesso di amarti e non smetterò mai, è solo che ora…
-Ora è troppo tardi vero Michael? E’ questo che vuoi dire? Che ami me ma hai sposato un’altra e non hai intenzione di lasciarla? Hai ragione, è tardi, siamo in ritardo di due anni.
-Non te ne andare, ti prego.
Si guardarono a lungo, desiderando tutti e due che il resto del mondo sparisse almeno per un istante, non erano più l’agente Bristow e l’agente Vaughn ma solo Sydney e Michael, due persone normali con una vita normale, la vita che avrebbero voluto da quando si erano conosciuti.
Si abbracciarono e Michael sprofondò il proprio viso tra i capelli di Sydney, dando libero sfogo alle lacrime che cominciarono a rigargli il viso e si chiese come aveva potuto pensare anche solo per un minuto di poter dimenticare la donna che amava più della sua stessa vita sposandone un’altra.
Il solo pensiero di poterla perdere per la seconda volta lo faceva impazzire, forse non sarebbero più potuti stare insieme ma lui avrebbe sempre vegliato su di lei, sarebbe stato presente nella vita di Sydney in un modo o nell’altro.
Sì, la decisione tanto sofferta che aveva preso quel pomeriggio era senz’altro quella giusta: aveva avuto paura ma ora, stringendo Sydney tra le braccia aveva capito che era l’unica soluzione.
Sydney lo guardò, asciugò le lacrime dal viso di Vaughn e lo baciò. Un bacio che racchiuse tutti quelli che non si erano potuti dare in quegli ultimi due anni, un bacio pieno di dolcezza e tristezza nello stesso tempo, perché sapevano entrambi che quello non era un nuovo inizio.
-Sei così bella, mi sembra di essere rinato. Ben tornata!
-Ora devi andare.
-Si, credo di si.
-Già, è tardi, adesso hai qualcuno che ti aspetta a casa.
-Anche tu.
-Si, Weiss.
Sorrisero, non avevano voglia di lasciarsi ma sapevano che era quello che dovevano fare.
Con riluttanza Sydney si sciolse dall’abbraccio di Vaughn, lo guardò ancora un attimo negli occhi, gli prese la mano, guardò quell’anello che le aveva fatto bruciare il viso in quella stanza ad Hong Kong e soffocando la rabbia che stava incominciando a pervaderla nuovamente si limitò a dire:
-Abbi cura di te.
-Ok.
-Addio Michael.
-Sydney…
-Si?
-Stasera ero venuto anche per dirti un’altra cosa.
-Che cosa?
-Ho deciso di tornare a lavorare alla CIA.
-Stai scherzando? Ne sei uscito, non farti coinvolgere un’altra volta.
-Come posso non farmi coinvolgere? Sono già coinvolto! E comunque non ero venuto per chiederti un consiglio, ho già preso la mia decisione, volevo solo informarti visto che probabilmente torneremo a lavorare insieme.
-Hai ragione, non è più a me che devi chiedere consigli, ora hai una moglie, ma non farlo per me, non farlo per proteggermi perché ora non è più un tuo compito!
-Syd…
-Non preoccuparti io starò bene. Ora vai.
-Allora ciao, ci vediamo.
-Si, ci vediamo.
Michael lasciò lentamente il palazzetto del ghiaccio e Sydney si ritrovò da sola alle prese con le sue emozioni.
Era possibile che riuscisse ad odiarlo e ad amarlo allo stesso tempo?
Certo che era possibile e per un fatto molto semplice: lo odiava perché si sentiva tradita e perché era convinta che lei, al posto suo, non l’avrebbe mai rimpiazzato con un nuovo compagno e l’amava perché….semplicemente perché era Michael.
Le faceva ancora più rabbia aver capito che quello che provava per Vaughn non era paragonabile a niente, neanche a Danny, certo aveva amato Danny, e tanto da accettare di sposarlo, ma quello che la legava a Michael era molto più intenso, unico, assolutamente totalizzante e purtroppo lo aveva capito solo ora, ora che era troppo tardi.
Il giorno dopo l’aspettava una giornata non meno leggera di quella appena conclusa, avrebbe dovuto fare la conoscenza con Lauren Reed, se avesse avuto fortuna avrebbe anche potuto rivedere suo padre, ci sarebbero state ancora tante domande da parte di Kendall e probabilmente avrebbe anche dovuto ricominciare a lavorare con Michael.
Senza dubbio aveva bisogno di distrarsi, aveva bisogno di Weiss. Spense le luci del palazzetto del ghiaccio e si diresse verso quella che per un po’ di tempo sarebbe stata la sua nuova casa.
Michael stava sfrecciando con la sua auto verso casa, era molto tardi, cosa avrebbe raccontato a Lauren?
Avrebbe potuto semplicemente dirle la verità, che la donna che amava era resuscitata e che lui aveva fatto un errore, che le voleva molto bene ma che l’amore era un’altra cosa, l’amore era Sydney.
Naturalmente sapeva che non avrebbe detto niente di tutto questo a sua moglie, e come poteva? Lei gli era stata vicina in quei mesi in cui lui si sentiva un uomo distrutto, con discrezione, con pazienza. A poco a poco Michael si era abituato alla presenza di Lauren nella sua vita, aveva imparato a volerle bene fino a quando gli era sembrato naturale chiederle di sposarlo.
Le doveva molto, se in questi due anni la sua vita non era poi stata tanto pessima, se aveva avuto persino alcuni momenti di serenità lo doveva a lei e lui non se la sentiva proprio di lasciarla.
Per ora andava bene così, si sarebbe accontentato di poter vedere Sydney tutti i giorni al lavoro, si disse che il saperla viva era la gioia più grande che poteva permettersi per il momento.
-Sydney finalmente! Ma sai che ore sono?
-Scusa Weiss, hai ragione, eri in piedi ad aspettare me?
-No, ma che dici, è il mio passatempo preferito stare seduto sul divano alle 4.00 di mattina a fare le parole crociate come un imbecille.
-Dovevo riflettere…
-Da sola?
-Si! No…Ehm…Ero con Vaughn.
-Certo! Riflettere con Vaughn deve essere molto più eccitante che riflettere da sola!
-Andiamo a dormire?
-Come no! Credo di essermi guadagnato le mie tre ore di sonno, ma promettimi che domani sera rifletterai insieme a me.
-Ci puoi giurare Weiss. Buona notte.
-Buona notte Sydney. Io rimango qui ancora un attimo, sai questo cruciverba mi sta proprio appassionando!
Sydney aveva avuto ragione: Weiss era unico, era contenta che per un po’ sarebbe stato lui il suo coinquilino.
La mattina seguente arrivò all’agenzia molto presto, inutile dire che non era riuscita a chiudere occhio.
Sembrava una giornata qualunque, tutti che lavoravano freneticamente e Kendall che le corse incontro non appena la vide.
-Buongiorno Bristow.
-Buongiorno Kendall.
-Sono riuscito ad ottenere il permesso che lei veda suo padre per un breve colloquio.
-Bene, quando?
-Subito! Ma l’avviso, sarà un colloquio di soli pochi minuti.
-Va bene. La ringrazio.
Finalmente una buona notizia, sinceramente non ci sperava di poter vedere suo padre così presto, forse la fortuna stava incominciando a girare per il verso giusto.
Mentre attraversava velocemente la stanza le venne istintivo guardarsi intorno per vedere se riusciva a incrociare lo sguardo di Vaughn, ma quella che una volta era la sua scrivania ora era occupata da un’altra persona. Diede un’occhiata per vedere se riusciva ad intravedere Lauren Reed ma non c’era neanche lei.
A quanto pare le presentazioni erano rimandate e non poté fare a meno di tirare un sospiro di sollievo, era ovvio che non avesse nessuna voglia di fare la conoscenza di quella donna e poi ora aveva altro per la testa: doveva prepararsi all’incontro con Jack.
-Signor Bristow ha una visita.
-Una visita?…Sydney!
-Ciao papà, come stai?
-Come sto io? Come stai tu. Io sto bene, si insomma, anche se dal mio aspetto non si direbbe sto bene, ma dimmi di te.
-Sono tornata, non so dove sono stata in tutto questo tempo né che cosa ho fatto, ma ora sono qui. Speravo che tu riuscissi a dirmi qualcosa di più, so che hai contattato la mamma per cercarmi.
-Si, e l’aver parlato con Irina mi ha portato a stare chiuso qui dentro alla stregua di un criminale, ma ora che ti vedo credo ne sia valsa la pena, ho sempre saputo che eri viva.
-Pensi che la mamma sia coinvolta nella mia scomparsa?
-Lei ha negato, mi ha detto che c’entravano Sloane e la profezia di Rambaldi.
-Sloane, sempre lui! Quel bastardo è riuscito perfino a farsi dare l’immunità. Non posso crederci che ora è un libero cittadino.
-Lo so, ma trovarlo è l’unico modo di sapere cosa realmente ti sia successo.
-E Sark?
-Non credo che Sark sia coinvolto, è stato catturato e messo in gabbia subito dopo la tua presunta morte.
-Allora troverò Sloane e questa volta giuro che l’ammazzo con le mie mani. Non preoccuparti papà, ti farò uscire da qui.
-Stai attenta, non escludo che anche la Derevko sia coinvolta, lo sai che non mi fido di quella donna.
-Farò attenzione, ora devo andare.
-Ciao Sydney.
-Ciao papà.
Rientrò in fretta e furia all’Agenzia, aveva un sacco di cose da fare, per prima cosa doveva farsi dire esattamente da Dixon dove si trovava Sloane, poi doveva assolutamente trovare il modo per contattare sua madre e perché no, avrebbe anche potuto chiedere un colloquio con Sark. Doveva agire, doveva scoprire chi era l’artefice di tutto quel dolore e poi l’aver qualcosa da fare le impediva di pensare.
Non si rese conto che dietro l’angolo c’erano due persone che stavano parlando, e lo scontro fu inevitabile, le cadde il cellulare che andò in mille pezzi. Si chinò immediatamente a raccogliere quello che rimaneva del suo telefonino senza badare a chi aveva travolto.
-Mi scusi, non l’avevo vista. Accidenti! Anche il telefono in mille pezzi. E meno male che la giornata era iniziata per il verso giusto! Forse non porta bene ritornare dalla terra dei defunti.
-Io non credo proprio.
-Oh! Michael…ciao.
-Ciao Syd. Stai bene?
-Io si, è il mio telefono che non sta bene.
-I cellulari si cambiamo, le persone non si possono sostituire.
Ma che stava dicendo, era impazzito? Stava flirtando apertamente con Sydney in presenza di sua moglie? Cosa avrebbe pensato Lauren?
Per cercare di uscire da quella situazione Vaughn allungò una mano per aiutare Sydney ad alzarsi, e Sydney che percepì il disagio di Michael decise di accettare il suo aiuto come se non avesse fatto caso all’ultima frase che era stata pronunciata.
Ma perché gli occhi le cadevano sempre sul quel maledetto anello?
Michael sembrò accorgersene e si mise in fretta la mano in tasca.
Si guardavano senza parlare, in fondo non potevano fare altro, e almeno questo non poteva impedirglielo nessuno, ma una voce alle spalle di Vaughn sembrò farli ritornare alla realtà.
-Allora Signorina Bristow ha scoperto qualcosa dal colloquio con suo padre?
Perfetto! Adesso l’imbarazzo era veramente totale, era successo quello che sperava non avvenisse mai e cioè trovarsi di fronte contemporaneamente sia a Michael che a sua moglie, l’agente Lauren Reed.
Fece comunque finta di niente, senza però rinunciare a lanciare un’occhiata di sfida a quella che considerava, forse stupidamente, la sua rivale.
-Mi scusi?
-No che sciocca, mi scusi lei, non mi sono nemmeno presentata, sono Lauren Reed dell’NSC, mi hanno affidato al suo…
-So benissimo chi è lei, ma non ho capito il senso della sua domanda.
A questo punto l’aria era davvero pesante e l’evidente imbarazzo di Michael e il viso paonazzo dell’agente Reed incominciavano a far divertire Sydney. Questa era la sua piccola vendetta.
-Volevo solamente sapere se adesso che ha visto suo padre è un po’ più serena e se eventualmente Jack Bristow le ha fornito delle informazioni che le possano ritornare utili.
-Veramente è lei, agente Reed, che dovrebbe fornirmi delle informazioni utili, se non sbaglio sono due anni che sta indagando sul mio caso, possibile che non abbia in mano uno straccio di prova? E relativamente al mio stato emotivo, credo che non sia esattamente materia del suo incarico.
-Ha ragione agente Bristow, io volevo solo… Mi scusi.
-Non importa, e mi chiami pure Sydney.
-E lei mi chiami Lauren.
Si strinsero la mano ma era evidente che non sarebbero mai state amiche.
-Ora se volete scusarmi avrei delle cose da fare, ciao Michael, buongiorno Lauren.
-Syd…
-Si?
-Come sta Jack?
-Bene, per quanto possa stare bene una persona rinchiusa in una prigione federale e solo perché ha la colpa di aver cercato di ritrovare sua figlia.
Sydney si allontanò velocemente, il breve divertimento che aveva provato poco prima si era già esaurito, le aveva fatto male vederli insieme e le faceva ancora più male pensare che sarebbe stato così ogni giorno.
Al diavolo, quella donna poteva avere Michael per sé tutte le sere, sdraiati su un divano e magari intorno ad un camino, perché lei non poteva averlo tutto per sé almeno durante le ore di lavoro?
Dal canto suo Michael non aveva potuto fare a meno di fissare Sydney allontanarsi con il suo solito passo sicuro, avvolta nell’elegante tailleur nero e con ai piedi un paio di scarpe dai tacchi vertiginosi….era veramente fantastica…
-Michael ci sei? Hai sentito quello che ti ho detto?
-Come? Cosa? Scusa Lauren ero distratto.
-Ho detto che è proprio un bel tipino la tua Sydney Bristow.
-La mia cosa?
-Dai Michael, ho visto come vi guardavate e ti giuro che non è un problema, vi capisco. Ma se quella ragazza crede di poterti portare via da me si sbaglia di grosso, lotterò per tenermi mio marito.
-Non dire sciocchezze tesoro, tu non devi temere rivali.
-Se lo dici tu.
-Non preoccuparti, ora devo andare a parlare con Kendall, devo chiedergli di stracciare le mie dimissioni.
-Allora sei proprio deciso a tornare?
-Si, credo che sia la decisione migliore e poi hai visto Weiss? E’ perso senza di me.
-Già Weiss… Allora a più tardi.
-Ciao.
Si scambiarono un bacio veloce e poi ognuno per la sua strada.
Certo che era la decisione più giusta che Michael potesse prendere, aveva visto Sydney e aveva capito che non poteva assolutamente starle lontano, solo che sembrava averlo capito anche Lauren.
Nei giorni successivi il tempo passò velocemente e Sydney, in più di un’occasione, si rese conto che c’era qualcosa che non andava. Sembrava che tutti sapessero, ma che nessuno volesse realmente metterla al corrente su come stavano le cose.
Dopo due settimane Sydney prese la sua decisione: doveva prendere in mano lei la situazione e questa volta sarebbe andata fino in fondo, ad ogni costo.
Ricapitolando: la sua vita era uno schifo! Non aveva un amico, non sapeva quando e se avrebbe mai potuto rivedere Will, Francie era morta, suo padre era in galera, non aveva la minima idea di dove fosse sua madre, aveva perso Michael, il suo supervisore era una donna che per ovvi motivi non sopportava e per finire non aveva più neanche una casa.
Insomma cosa aveva da perdere?
Niente, assolutamente niente e anche se le dava un certo fastidio pensare che sarebbe potuta morire per mano di quel bastardo di Sloane fu per questo motivo che si ritrovò davanti a quella porta, in Svizzera, precisamente a Zurigo!
Prese coraggio, e dopo un attimo buttò giù la porta ed entrò.
-Sydney, che piacere rivederti, come stai?
-E hai anche il coraggio di guardarmi in faccia gran figlio di puttana?
-Dimmi, che cosa ti ha portato qui, non penso tu abbia fatto tutta questa strada solo per fare apprezzamenti su mia madre.
Ora che si trovava faccia a faccia con Irvine Sloane non le sembrava più una buona idea essere andata a Zurigo senza avvisare nessuno.
Sloane era furbo e molto intelligente, come aveva potuto pensare di cavarsela da sola?
Si era limitata a lasciare un biglietto a Weiss dicendo di non preoccuparsi e che sarebbe stata via per qualche giorno, glielo doveva, in fin dei conti vivevano insieme!
Era stata tentata di parlarne con Vaughn ma a che scopo? Lui avrebbe certamente cercato di dissuaderla e poi che certezza aveva che Michael non ne avrebbe parlato anche con Lauren?
No, non poteva rischiare, perché era evidente che alla CIA non volevano assolutamente che lei incontrasse Sloane, ma perché? Si sentì paranoica, ma in fin dei conti il colloquio con Dixon era stato fin troppo chiaro.
---------------flash back----------------
-Dixon, ho bisogno di parlarti.
-Sydney ciao. Come stai?
-Frastornata, ma mi rimetterò, tu mi conosci.
-Certo, credo che qui dentro tu sia più forte di tutti noi messi insieme, e l’hai dimostrato in più di un’occasione.
-Già. A proposito, non ti ho ancora chiesto come stanno i bambini?
-Bene grazie. Ma dimmi, perché avevi bisogno di parlarmi?
-Ho bisogno di sapere dove si trova Irvine Sloane.
-Sloane? E perché hai bisogno di sapere dove si trova?
-Ho bisogno di vederlo, devo parlare con lui.
-E Kendall cosa ne pensa?
-Non mi ha voluto dire dov’è, mi ha solo informata che ha ottenuto l’immunità e che ora è pulito.
-Infatti è così Sydney, mi dispiace, non posso aiutarti.
-Non puoi o non vuoi Dixon?
-Sydney… Ascoltami…
-No, ascoltami tu. Tu lo conosci quell’uomo, hai lavorato con lui per anni, ti ha mentito per anni, Dixon, ha fatto uccidere tua moglie!
-Sydney piantala! Ho detto che non posso aiutarti. Lo vuoi capire che in questi due anni sono cambiate molte cose?
-Sì, purtroppo me ne sto rendendo conto, ma io non mollo, se non mi aiuti tu troverò qualcuno disposto a farlo!
-Sydney ti prego di lasciar perdere, Sloane non è il nostro uomo, lui non c’entra niente con la tua scomparsa.
-Davvero? E ve l’ha detto lui? Da quando la CIA si fida delle parole di quell’individuo?
-Probabilmente non ti fidi di lui, ma di me ti fidi?
-…Non lo so Dixon…Non so più da chi e da che cosa devo guardarmi le spalle.
Sydney si allontanò. Nella sua mente incominciava a farsi strada il sospetto che la CIA non fosse poi così estranea alla sua scomparsa. E se avessero barattato la sua eliminazione con qualche informazione segreta?
Se per riuscire ad ottenere quello che volevano la CIA avesse semplicemente accettato di far scomparire un agente un po’ troppo scomodo? Avevano giocato bene le loro carte, avevano messo fuori gioco anche suo padre, l’unica persona che non si sarebbe rassegnata molto facilmente a scoprire la verità… No, era pazzesco, stava forse diventando pazza?
A chi poteva rivolgersi? Dixon era stato un buco nell’acqua, Kendall era fuori discussione, Vaughn era rimasto troppo tempo fuori dalla CIA e in ogni caso non voleva coinvolgerlo…Irina…Forse l’unica chiave era sua madre, ma come fare a contattarla? Doveva chiedere un altro colloquio con suo padre. Senza pensarci due volte si fiondò nell’ufficio di Kendall.
-Ho bisogno di vedere mio padre.
-Agente Bristow, le ricordo che suo padre non è nella situazione per poter ricevere visite, quella dell’altro giorno è stata una concessione visto che non vi vedevate da due anni.
-Lo so e la ringrazio, ma vorrei ricordarvi che mio padre ha fatto per anni il doppiogiochista per la CIA, ha rischiato la vita in più di un’occasione e ora lo state trattando come un criminale. L’ho visto in quella cella: non ha un letto, ha i capelli e la barba lunghi, conoscete la parola pietà? Gli avete distrutto la vita, l’unica cosa che gli rimane sono io, o volete anche negargli l’amore di sua figlia?
-E’ stata chiara Bristow. D’accordo, ma questa è l’ultima possibilità che le concedo. Certo che in questi due anni non ha perso la sua cocciutaggine.
-Lo prendo come un complimento, grazie.
Alla prigione federale Sydney era pronta per incontrare suo padre. Era tesa, questa era la sua ultima possibilità per scoprire qualcosa su Sloane. Sperava che Jack potesse esserle in qualche modo d’aiuto.
-Bristow ha una visita.
-Ciao papà.
-Sydney, che ci fai qui?
-Sono venuta a vedere come stai.
-Sydney, la verità!
-Ho bisogno di contattare la mamma.
-Assolutamente no! E’ troppo pericoloso, quella donna è pericolosa!
-Papà io ho bisogno di sapere cosa è successo in tutto questo tempo, è possibile che nessuno sembri rendersene conto?
-Allora pensi che tua madre sia coinvolta?
-Non lo so, ma di una cosa sono certa, che lei sappia dove trovare Sloane.
-Kendall sa dove si trova Sloane, devo supporre che non te l’ha voluto dire?
-No, infatti.
-Io non so esattamente dove si trovi, ma posso riferirti le notizie che mi sono arrivate all’orecchio.
-Parla, ti ascolto.
-Ad una condizione.
-Sarebbe?
-Che tu non provi a contattare Irina.
-Papà!
-Non mi sembra che tu sia nella condizione di poter trattare.
-D’accordo. Ti prometto che non proverò a contattare la mamma.
-E’ stato mandato in Svizzera, a Zurigo se non sbaglio. Ora vive lì e sembra che stia conducendo una vita normale. Non so altro.
-Ok, per ora mi basta, vedrò di trovarlo.
-Sydney…
-Farò attenzione, non preoccuparti. Ci vediamo presto.
-Ciao.
Sarebbe partita per Zurigo, e una volta arrivata avrebbe fatto un po’ di domande, in fin dei conti aveva ancora qualche aggancio e se era vero che Sloane adesso viveva alla luce del sole non sarebbe stato tanto difficile trovarlo.
I suoi pensieri vennero interrotti.
-Allora coinquilina, stasera spaghetti?
-Weiss, cucini tu anche stasera? Non potremmo ordinarci una pizza?
-E’ forse un modo carino per dirmi che sono un pessimo cuoco?
Era strano pensare che questi discorsi li stava facendo con Weiss, mentre, nella normalità, avrebbe dovuto farli con Vaughn, ma ormai aveva capito che nella sua vita non c’era più niente di normale.
In fin dei conti le piaceva chiacchierare con Eric, era l’unico che riusciva a metterla di buon umore, ma anche quel breve momento di pace sembrava stesse per finire, infatti vide Michael dirigersi verso di loro con lo sguardo visibilmente teso.
-Sydney, si può sapere che stai combinando?
-Ehi ciao Vaughn! Anche per noi è un piacere vederti!
-Ehm…Ciao Weiss, scusami, allora Sydney, sto aspettando una risposta.
-Vaughn sei impazzito?
-Ho bisogno di parlarti, vieni con me un momento.
-Certo, andate pure, l’angolo degli amanti è sempre a vostra disposizione! Ehi Syd, allora pizza o spaghetti?
Vaughn sembrava sconvolto e Sydney si mise sulla difensiva.
-Allora Vaughn, cosa mi devi dire di tanto urgente?
-Si può sapere cosa stai cercando di fare?
-Non capisco a cosa ti stia riferendo.
-Non fare la furba con me Sydney, ho parlato con Dixon.
-Dixon? E allora?
-Mi ha detto che gli hai chiesto dove si trova Sloane.
-Si, e allora?
-E poi sei corsa da Kendall per chiedere un colloquio con tuo padre.
-E’ mio padre, credo di avere tutti i diritti di vederlo.
-Sydney!
-Me lo dici che ti prende? Ti sei alzato dal letto con la luna storta? O forse tua moglie questa mattina è uscita di casa senza darti il bacio del buongiorno?
-E’ questo il tuo problema Sydney? E’ per via di Lauren che ce l’hai tanto con me?
-Io non ce l’ho con nessuno, pecchi di manie di protagonismo Michael, tu non sei il fulcro della mia vita.
-Non capisco, una volta lavoravamo così bene insieme, ora riusciamo a malapena a scambiarci quattro parole senza scannarci a vicenda. Voglio aiutarti Syd.
-E io non voglio il tuo aiuto, è così difficile da capire?
-Ti stai mettendo nei guai Sydney e io non te lo permetterò.
-Sono grande abbastanza da badare a me stessa e poi ho la sensazione che nessuno abbia veramente intenzione di aiutarmi.
-Sei testarda.
-Una volta ti piaceva.
-No, ti sbagli, non ho mai sopportato la tua testardaggine.
-Devo andare.
-Sydney…
-Michael, non rendere tutto più difficile, ti prego.
-Farei qualsiasi cosa per capire come sono andate veramente le cose, per scoprire chi c’è dietro a tutto questo e poter guardare negli occhi chi ci ha distrutto la vita.
-Lo so.
-Allora stasera pizza o spaghetti?
-Come?
-Ho sentito che tu e Weiss stavate discutendo sul menù per questa sera.
-Beh si, lui vorrebbe cucinare gli spaghetti, ma io non vorrei avere gli incubi anche stanotte.
-Non si può certo dire che Weiss sia un ottimo cuoco.
-Direi di no, però ha molte altre qualità.
-Già. Senti pensavo…Si insomma, qualche volta potremmo uscire a cena, magari noi due. Lo dico solo perché tengo alla tua salute.
-Michael…
-Lo so, non possiamo.
-No, non possiamo. Ora devo proprio andare.
-D’accordo…Senti…
-Sì?
-Mi dispiace.
-Anche a me. Ciao.
-Ciao.
---------------fine flash back----------------
Si era pentita di non aver detto niente a Vaughn, probabilmente lui avrebbe potuto aiutarla, ma ormai non c’era più tempo per avere dei ripensamenti.
-Allora Sydney perché non parli? Sembra che tu abbia visto un fantasma. Eppure tra i due dovrei essere io quello più sorpreso. Scusa tu non eri mica morta?
-Che cosa mi hai fatto Sloane?
-Che cosa ti ho fatto? Io ti voglio bene Sydney, non ti farei mai del male, lo sai.
-Davvero? Se non sbaglio volevi bene anche a tua moglie, ma questo non ti ha impedito di mettere a rischio la sua vita fino a farla ammazzare per raggiungere i tuoi scopi.
-Stai scherzando con il fuoco Sydney, non parlare di Emily, la mia pazienza ha un limite.
-Senti, non mi interessa neanche capire come diavolo hai fatto a convincere quelli della CIA a lasciarti libero, io sarò solo contenta quando potrò finalmente vederti bruciare all’inferno e ti giuro che succederà molto presto, ma adesso mi vuoi dire cosa diavolo mi hai fatto? Hai rubato due anni della mia vita e l’unico ricordo che mi hai lasciato è una pancia che è peggio di un colabrodo!
-Scusami hai ragione, ma non avevo tempo di mandarti dal chirurgo estetico e comunque la risposta è semplice mia cara: esperimenti.
-Esperimenti? Su di me? E per che cosa?
-Saprai tutto a tempo debito, quando sarai pronta a lavorare ancora con me.
-Io non lavorerò mai più con te.
-Ne sei convinta? E se ti dicessi che ho la chiave di tutto e che io e te insieme saremo una forza indistruttibile?
-Ti ha dato di volta il cervello? Sapevo che eri pazzo, ma non fino a questo punto. Si può sapere di cosa stai parlando?
-Della profezia di Rambaldi.
-La profezia di Rambaldi? E io cosa c’entro?
-Sei tu Sydney, sei tu il perno intorno al quale si snoda tutto il mistero e finalmente, dopo tanti anni di ricerche, ho trovato la soluzione. Anche tua madre è d’accordo con me.
-Mia madre? Cosa c’entra mia madre?
-Come cosa c’entra? Ma scusa tu da quanto tempo non la vedi? Beh ma non c’è problema, rimediamo subito, la chiamo così sarà lei a spiegarti tutto!
Sydney era semplicemente esterrefatta, ma non ci fu bisogno che Sloane chiamasse nessuno perché proprio in quell’istante, da una porta nascosta dietro ad una tenda, comparve Irina Derevko.
-Ciao tesoro.
-Mamma?!
-Non guardarmi con quella faccia Sydney, ti spiegherò tutto. Irvine se non ti dispiace…
-Ma certo Irina, non c’è problema, vi lascio sole. Avrete senz’altro molte cose da dirvi. Ti saluto Sydney, spero ti abbia fatto piacere rivedermi così come a me ha fatto piacere rivedere te. A presto!
Avrebbe voluto fermarlo, avrebbe voluto prenderlo e tagliargli la gola ma era come paralizzata e così Irvine Sloane lasciò semplicemente la stanza e l’ultima cosa di cui Sydney si sarebbe ricordata di quell’incontro fu il ghigno malefico dipinto sul volto di quell’uomo.
Quello che successe in seguito fu piuttosto confuso, come al solito Irina fu vaga, non rispose a nessuna delle domande di Sydney e si limitò a dirle di fidarsi di lei.
Poi il buio. Si svegliò con la testa dolorante solo quando la macchina su cui si trovava inchiodò in un vicolo deserto e un gorilla che le puntava una pistola alla tempia le intimò di scendere dall’auto.
Era stata scaricata in un quartiere malfamato di Los Angeles.
Possibile che quel viaggio non fosse servito a niente? Era al punto di partenza. Anzi no, una cosa l’aveva scoperta e cioè che suo padre aveva ragione, in tutta quella faccenda centrava anche sua madre, certo, Irina Derevko in un modo o nell’altro, c’entrava sempre.
Prima di tornare al lavoro passò a casa di Weiss per farsi una doccia e mentre si stava rivestendo, notò che dagli orecchini di Irina, che lei teneva sempre sul comodino, provenivano dei segnali. Il messaggio diceva “la verità richiede tempo…”.
Alla CIA venne letteralmente assalita da Lauren Reed che sembrava sul punto di avere una crisi di nervi.
-Sydney, ma dove diavolo era finita, sono giorni che la stiamo cercando!
-Avevo bisogno di trovare una persona.
-Ah davvero? Se te lo fossi dimenticata questo non è un gioco, non puoi sparire senza dire niente a nessuno, erano tutti preoccupati per te. Hai intenzione di giocare ancora per molto a fare la prima donna?
-Primo: non vedo perché devo giustificarmi con lei, secondo: per la cronaca ho lasciato un biglietto all’agente Weiss dicendogli che sarei stata via qualche giorno, terzo: non è lei che deve venirmi a dire che questo non è un gioco visto che stiamo parlando della mia vita, quarto: non sapevo che avessimo cominciato a darci del tu e quinto: perché ti scaldi tanto Lauren? Forse ti dà fastidio che qualcuno in particolare si sia preoccupato per me?
Stavano urlando talmente forte che tutti si girarono a guardarle, ma era evidente che il vero motivo della discussione non era il lavoro.
Weiss si girò verso Michael e trattenne a fatica una risata.
-Ma a me capiterà mai che due donne si scannino per me? Amico, sei proprio fortunato.
-Zitto Weiss!
Vaughn si alzò dalla sedia e anche se non aveva la minima idea di cosa potesse fare, se non forse peggiorare le cose, si diresse verso quello che gli sembrava un ring dove si stava disputando un incontro di boxe.
-Cosa stai insinuando Sydney, che sono gelosa di te?
-Dal tuo comportamento mi sembra alquanto evidente.
-Sai cosa mi dà veramente fastidio? Da quando sei tornata non fai altro che guardarci tutti dall’alto in basso, sembra che solo tu abbia la verità tra le mani.
-No ti sbagli, non sono così presuntuosa, ma forse sono l’unica che sta facendo qualcosa per trovarla questa verità.
Michael si intromise nella discussione.
-Sydney, Lauren, piantatela! Vi state ricoprendo di ridicolo!
-Si bravo Vaughn, fai calmare tua moglie!
-Veramente dovreste calmarvi tutte e due.
-Io me ne vado.
-Ecco brava, signorina Bristow, togliti dai piedi!
-No Syd! Tu rimani. Io e te dobbiamo parlare.
-Michael, non vedo di cosa dobbiamo parlare, io non devo giustificarmi con voi.
-Ed è qui che ti sbagli: Lauren ha ragione. Da quando sei tornata guardi tutti con sospetto, non ti fidi delle cose che ti vengono dette, questo è un gioco di squadra Sydney e tu stai portando avanti la partita da sola.
-E’ questo che pensi?
-Francamente si.
-Bene! Ora conosco anche la tua opinione, posso andare adesso?
-Sydney…
-Posso andare adesso?
-Fai come vuoi, non sarò certo io a trattenerti oltre.
-Grazie e buona continuazione.
Aveva preso le difese di Lauren, aveva preso le difese di Lauren e l’aveva messa in ridicolo di fronte a tutti.
Ma come aveva potuto?
E pensare che aveva persino pensato di parlargli di quello che era successo a Zurigo, voleva raccontargli tutto, come una volta, che sciocca.
-Grazie Michael, ma non c’era bisogno che intervenissi, me la so cavare anche da sola.
-Lo so Lauren, ma non ti sembra di aver esagerato? Non le hai dato nemmeno il tempo di spiegarsi.
-Esagerato? Ma non hai visto come mi ha attaccata? Insomma, è mai possibile che tu debba sempre difenderla?
-Non la sto difendendo, sto solo dicendo che la tua reazione mi è sembrata eccessiva.
-La mia reazione ti è sembrata eccessiva? E cosa dovrei dire io della tua di reazione?
-Non capisco…
-Credi che non mi sia accorta di quanto eri teso in questi giorni? Non hai praticamente chiuso occhio, non hai toccato cibo, hai chiamato Weiss duemila volte al giorno per sapere se aveva notizie. Michael non sono scema!
-Sydney è una collega, è un agente, come lo sono io e come lo sei tu, è ovvio che fossi preoccupato.
-No, Sydney non è un agente, Sydney è il TUO agente, non è vero?
-Lauren, stai vaneggiando.
-D’accordo, e allora guardami negli occhi e dimmi che non provi niente per lei!
-Lauren non ne possiamo parlare a casa?
-No, ne parliamo qui, adesso.
-Lauren ti prego… Non fare scenate.
-Michael, sto aspettando!
-…Non posso Lauren…Mi dispiace.
-Va bene, non c’è bisogno che mi rispondi, ho già capito.
-Sapevi come stavano le cose, e mi ha detto che per te non era un problema.
-Evidentemente mi sono sopravvalutata Michael. Devi fare una scelta: o lei o me.
-Ho già scelto Lauren, sono qui con te mi pare.
-Fisicamente sei qui, ma con la testa dove sei? Scommetto che stai pensando a Sydney, a com’era sconvolta quando se ne è andata, a dove può essere in questo momento, al modo per raggiungerla… E’ da quando quella donna è tornata nella tua vita che la tua mente è altrove, e non negarlo!
Bingo! Lauren aveva proprio colto nel segno.
-D’accordo senti, questa discussione è assurda, perché ora non vai a casa? Ti prometto che stasera ne parleremo con calma.
-Forse hai ragione, siamo troppo arrabbiati per ragionare con lucidità.
-Non ti preoccupare, stasera torno presto.
-Va bene, come vuoi…Michael?
-Si?
-Ti amo.
-Ehm, lo so… anch’io. Ora va’.
-A più tardi.
Weiss aveva osservato tutta la scena e mentre osservava Lauren andarsene non poté fare a meno di pensare: “quella che scarta Vaughn me la prendo io…”
Michael interruppe i pensieri dell’amico.
-Weiss, beato te che non hai di questi problemi.
-Grazie per avermelo ricordato, sei un amico. Giornataccia?
-Non me ne parlare.
-Ti sei messo proprio in un bel casino vero?
-Non so che fare.
-Senti, a parte gli scherzi, perché non provi a pensare a quale delle due non vorresti mai rinunciare?
-Non vorrei rinunciare a nessuna delle due.
-Vedi, se tu avessi scelto di vivere in un harem anziché negli Stati Uniti non avresti di questi problemi.
-Il tuo umorismo è pietoso Weiss. Dove può essere andata Sydney secondo te?
-Ehi ma non ti dai mai pace tu? Via una e sotto l’altra.
-Per una volta vuoi fare un discorso serio?
-Ok. Lo psicologo Weiss entra in azione: mi dica agente Vaughn, come si è sentito in questi giorni mentre l’agente Bristow era dispersa e nessuno aveva sue notizie?
-Ho capito il concetto Weiss. Le scrivo un messaggio sul cellulare.
-Ma come! Ho già risolto il tuo dubbio amletico? Questa è la seduta più corta della storia. Vuoi forse dire che sono meglio come psicologo che come agente operativo? Beh vorrà dire che quando sarò troppo vecchio per andare in missione avrò un futuro come strizzacervelli!
Mentre Vaughn scriveva un messaggio sul cellulare di Sydney lei si trovava a casa di Weiss immersa nei suoi pensieri.
Non era da lei comportarsi in quel modo, come aveva potuto perdere le staffe così davanti a tutti? Quella donna la irritava, era veramente insopportabile.
Ma chi voleva prendere in giro, il problema non era Lauren Reed, il problema era un altro: era gelosa, gelosa marcia! Il cellulare vibrò. Era arrivato un messaggio di Vaughn
-Vediamoci. Ho bisogno di parlarti.
Risposta di Sydney
-No.
Risposta di Vaughn
-Sarò al campo di hockey alle 11.00 di questa sera. Ti aspetto.
Risposta di Sydney
-Non ci sarò.
Risposta di Vaughn
-Ti aspetto comunque.
Voleva scrivergli di andare al diavolo ma in quel momento dagli orecchini di Irina cominciarono a uscire dei segnali. Il messaggio diceva: “troviamoci immediatamente al molo nel capannone n. 57 e finalmente saprai la verità. Vieni da sola. Mamma”.
Uscì di corsa dalla casa di Weiss e anche se il molo era a pochi isolati, quel tratto di strada che percorse in macchina a tutta velocità, le sembrò non finisse mai. Era appena entrata nel capannone n. 57 e i suoi occhi si stavano abituando a poco a poco all’oscurità quando si sentì chiamare.
-Sydney.
-Mamma…ho decifrato il tuo messaggio.
-Non abbiamo molto tempo ma cercherò di spiegarti tutto.
-Ti ascolto.
-Irvine è un pazzo, è convinto che tu sia l’unica a poter portare a termine la profezia di Rambaldi, si servirà di te per ottenere quello che vuole e poi ti ucciderà.
-E tu cosa c’entri in tutto questo?
-Ho fatto finta di essere d’accordo con lui per poter capire esattamente quali erano le sue mosse e poterti avvisare al momento giusto.
-Mi stai dicendo che tu non fai parte di questa macchinazione?
-Sydney devi fidarti di me, guarda che in questo momento sto rischiando molto per metterti a conoscenza dei piani di Sloane.
-Dove sono stata in questi due anni?
-Sei sempre stata con noi, con me e con Irvine. Ci spostavamo continuamente, lui doveva fare degli esperimenti su di te per verificare che tu fossi quella “giusta”.
-Mi stai dicendo che mi ha sottoposto a delle torture e tu eri lì e non hai fatto niente?
-Tu sei molto forte, e poi non aveva intenzione di ucciderti. Da morta non gli saresti servita a niente.
-Hai mentito a papà.
-Sydney ho dovuto farlo! Per proteggere te e per proteggere anche lui.
-Scusa se fatico a crederti.
-Allora a chi vuoi credere? Alla CIA? Sydney apri gli occhi, loro sanno tutto, sapevano dov’eri fin dall’inizio. Ti hanno venduta a Sloane per ottenere alcuni favori. La CIA non è poi così pulita come sembra. Erano tutti coinvolti: Kendall, Dixon…
-Anche…?
-No, Michael no.
-Suppongo che tu abbia un piano.
-Non hai molte alternative Sydney. O decidi di combattere da sola questa battaglia contro Sloane, sapendo che non avrai nessuno a coprirti le spalle, oppure…
-Oppure?
-Oppure decidi di fidarti di me. Posso farti sparire Syd, avrai un’altra identità, girerai il mondo, ho la possibilità di far perdere le tue tracce.
-Mi stai offrendo una vita da fuggiasca?
-A te la scelta. Questa è la mia offerta.
-Potrei parlarne con Vaughn, lui mi aiuterebbe.
-E pensi che in due riuscireste a farla franca? Sloane è potente Sydney, non sottovalutarlo. E poi vuoi prenderti la responsabilità della vita di Michael? Ora lui ha una famiglia.
-Mi sembra di non avere alternative.
-La vita o la morte Sydney.
-Perché fai questo?
-Questo cosa?
-Perché sei disposta ad aiutarmi?
-Sei mia figlia tesoro. Non potrei stare a guardare mentre Irvine Sloane ti uccide lentamente.
-Potremmo lottare insieme, io e te.
-No Syd. Le nostre strade corrono su due binari paralleli ma non sono destinate ad unirsi, almeno per ora.
-E Sloane?
-A Sloane ci penserò io, non ti preoccupare.
-…Io ci devo pensare…
-Non c’è tempo Syd. Tra un’ora io sarò qui e se ci sarai anche tu vorrà dire che hai fatto la scelta giusta altrimenti….ti auguro buona fortuna.
Allora era così che doveva finire? Scappare era come far vincere i cattivi, ma ora, a pensarci, Sydney non riusciva più a distinguere i cattivi dai buoni.
Sarebbe dovuta sparire per la seconda volta e abbandonare nuovamente i suoi amici e la sua vita.
Ma quali amici e quale vita?
Era stanca, stanca di lottare per sopravvivere, forse era davvero la soluzione migliore per tutti: per lei, per suo padre e anche per Vaughn…già Michael! Non poteva sparire senza dirgli addio, guardò l’orologio che segnava le 11.00 in punto e decise che quello doveva essere l’ultimo atto della vita di Sydney Bristow. Invertì la marcia e sfrecciò verso il palazzetto del ghiaccio.
-Sapevo che saresti venuta.
-Senti Michael….Sono qui solo per dirti addio.
-No aspetta. So che sei arrabbiata per come sono andate le cose oggi. Probabilmente ti aspettavi che prendessi le tue difese e invece…
-Vaughn non è per quello.
-Fammi parlare. Syd mi dispiace, io ero arrabbiato, arrabbiato con te perché sei sparita senza dirmi niente e io mi sono sentito escluso dalla tua vita e ho avuto paura.
-Paura di che cosa?
-Paura che ti potesse succedere qualcosa. Già una volta non sono stato in grado di proteggerti e non me lo perdonerò mai.
-Avevo detto a Weiss che sarei stata bene.
-Lo so, ma quando si tratta di Sloane so che non c’è da fidarsi. Perché è da lui che sei andata vero?
-Si.
-E perché non me lo hai detto?
-Perché avresti cercato di dissuadermi.
-Può darsi, ma in ogni caso non avrei mai permesso che vi incontraste da soli.
-Non eravamo proprio soli.
-Che vuoi dire?
-C’era anche Irina Derevko.
-Hai visto tua madre?
-Si ma… Senti Michael, io non ho molto tempo e non posso spiegarti.
-Spiegarmi che cosa?
-Non insistere! Ti ho detto che non posso.
-Non ti lascerò uscire da qui prima di aver ricevuto delle spiegazioni.
-Michael lasciami andare.
-Sydney no! E’ possibile che tu non capisca?
-Capire cosa?
-Che non posso lasciarti andare, non voglio lasciarti andare. E’ stata una follia pensare che avrei potuto semplicemente guardarti da lontano, non voglio perdere un minuto di più, mi pare che abbiamo già perso troppo tempo noi due.
-E’ troppo tardi Michael.
-No, non è troppo tardi. Parlerò con Lauren, lei capirà, anzi ha già capito, è una donna intelligente e sa che in realtà non è mai veramente finita tra me e te.
-E’ finita adesso.
-Ma perché?
-Perché mia madre mi ha svelato quali sono i piani di Sloane, e se rimango per me è la fine. Mi troverà e in ogni caso io non avrò più un futuro. L’unica possibilità che ho è sparire per sempre.
-E lo farai con l’aiuto di Irina?
-Si.
-Sei arrivata al punto di fidarti così ciecamente di lei?
-Non ho altra scelta lo vuoi capire?
-Ci dev’essere un’altra soluzione, c’è sempre un’altra soluzione.
-Questa volta no.
-Io non ti lascio.
-Allora vieni con me.
-E dove?
-Non lo so.
-E’ una follia Sydney, sai che non posso farlo, la mia vita è qui e anche la tua.
-Io non ho più una vita o almeno Sydney Bristow è destinata a non averne più una.
E con un colpo Sydney tramortì Michael che cadde a terra privo di conoscenza.
-Addio amore mio.
Accidenti era mezzanotte. Sarebbe arrivata in ritardo, e se sua madre se ne fosse già andata? Irina era stata chiara: era necessaria la massima puntualità.
Diede un’ultima occhiata a Michael che si trovava riverso sul pavimento, ma ormai non c’era più tempo, gli augurò di essere felice e poi schizzò fuori dal palazzetto del ghiaccio.
Prima ancora di arrivare al molo vide il bagliore delle fiamme che si stavano innalzando dal capannone n. 57, era pericoloso avvicinarsi, ma se sua madre si fosse trovata ancora lì dentro?
C’era un gran fumo e l’aria era praticamente irrespirabile ma decise che era un rischio che doveva correre.
-Mamma…? Mamma sono Sydney, ci sei?
-Sydney sono qui.
Irina era stesa a terra, aveva un foro di proiettile in mezzo al torace che l’attraversava da parte a parte.
-Sydney…
-Non parlare mamma, ti porto fuori di qui.
-No, non c’è più tempo, Sloane è stato qui, mi ha scoperta, c’è una bomba che esploderà tra meno di tre minuti, devi andartene.
-Non ti lascio qui da sola!
-Non pensare a me, io me la caverò. Prendi questi, sono i tuoi nuovi documenti e il nome del tuo primo contatto. C’è una macchina pronta che ti aspetta al di là del molo.
-Mamma…
-Vai Sydney, Irvine potrebbe essere ancora nei paraggi, non mi stupirei se si volesse godere lo spettacolo di vedermi saltare in aria.
Da lontano le due donne videro l’ombra di un uomo avvicinarsi.
-Sloane…
-Sydney dove sei?
-Michael? Che ci fai qui?
-Sono io che dovrei farvi questa domanda. E se vuoi sbarazzarti di me Sydney, la prossima volta picchia più duro.
Sydney sorrise, la presenza di Michael la rendeva più sicura.
-Sloane ha ferito mia madre, dobbiamo portarla fuori.
-Non c’è più tempo Sydney, qui sta crollando tutto.
-Mamma…
-Vai tesoro, non preoccuparti… Ti voglio bene.
-Ti voglio bene anch’io.
Sydney e Michael fecero appena in tempo ad uscire dal capannone che ci fu un grosso boato. L’esplosione fu talmente forte che furono scaraventati a parecchi metri di distanza.
Rimasero a terra per parecchio tempo, ma quando si svegliarono Michael stringeva ancora la mano di Sydney.
Le sirene della polizia e dei vigili del fuoco erano ormai vicinissime, non c’era un minuto da perdere.
-Syd, muoviti, non abbiamo molto tempo.
-Michael sei sicuro? Non potremo più tornare indietro.
-Sono sicuro, dai alzati.
-Vuoi dire che hai deciso di vivere da fuggiasco?
-Ho deciso solo di non perderti per la seconda volta!
Il bacio che si scambiarono fu il più dolce e appassionato che si erano scambiati fino ad allora.
Fecero appena in tempo a scorgere Irina che li salutava da lontano – anche lei ce l’aveva fatta – Michael si tolse la fede e la fece cadere a terra e poi si gettarono dal molo nell’acqua gelata.
Fu un gran salto, un salto verso una nuova vita, probabilmente fatta di bugie, di travestimenti, di alias, ma pur sempre una vita insieme.
Finalmente avevano capito che cos’era importante, più dell’odio e della vendetta, più della Derevko e di Irvine Sloane, più della CIA o dell’SD6, della morte e della vita stessa… L’amore prima di tutto!


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Alias Italia - Il dossier Sydney Bristow © 2003 Antonio Genna
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